Interviste

Nino Franco, antesignani del Prosecco

Un racconto di tradizioni, innovazioni, eccellenza

Di Anna Aprea | Su PRINT 68

"Fare il vino è un vecchio mestiere di famiglia che si è trasformato di generazione in generazione, tanto che nel 2019 festeggeremo 100 anni”. Esordisce così Primo Franco, titolare della storica azienda Nino Franco Spumanti, situata alle pendici delle Prealpi, in un territorio dove tutto da secoli profuma di vino e di sapori, di arte e di tradizione enologica. Arrampicato tra i ripidi, meravigliosi pendii delle colline di Valdobbiadene, troviamo il rigoglioso vigneto della Riva di San Floriano, dove si coltiva l’uva Glera, utilizzata per uno dei suoi cru di prosecco, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, profumato di gelsomino e di acacia, di mela e di erbe aromatiche.

In queste colline che ospitano vigneti distesi appena sotto le cime dei boschi, nel 1919, Antonio Franco, nonno di Primo, fonda le Cantine Franco. “Ai tempi — rievoca — le vecchie aziende che facevano il vino erano commercianti, famiglie che acquistavano le uve e le trasformavano, poi imbottigliavano. È nel 1983 che Primo Franco inizia la trasformazione dell’azienda, esclude i prodotti che non si identificano con la zona di Valdobbiadene, rivede gli impianti, ripensa alle tecniche e alle etichette. Introduce per primo il concetto di annata in etichetta di Valdobbiadene Prosecco Superiore Primo Franco. Da qui ha inizio una storia di successi che, nel giro di poco, fa conoscere il suo Prosecco in Europa, Asia, Stati Uniti. “Dopo il lavoro di mio nonno e di mio padre che erano produttori di vino da tavola — commenta — sono arrivato io che ho trasformato l’azienda concentrandomi sul prosecco”. Con Primo sono arrivati infatti premi e riconoscimenti, è arrivata la comunicazione. “Comunicazione si fa per dire… — dice — chi comunicava a quei tempi erano i giornalisti, Luigi Veronelli, Antonio Piccinardi: loro assaggiavano i vini e scrivevano, recensivano e se assegnavano un buon punteggio il giorno dopo si svuotava la cantina”.

Nel 1995, con l’incontro con Maurizio di Robilant, presidente e fondatore Robilant Associati, Primo Franco comincia un lavoro sull’immagine di marca, sulle etichette e sul logo, rompendo i codici espressivi di quegli anni. A fronte di un cambiamento dei mercati, il lavoro dell’agenzia rende più appealing i prodotti e costruisce un’identità univoca della cantina, trasferendo a livello visivo la cura e la storia degli spumanti Nino Franco. “Ripensare le etichette e soprattutto il logo — dice Primo — è stata una scelta necessaria: la prima etichetta, semplice e tradizionale era stata fatta nel 1956, l’aveva fatta mio nonno e la conservo ancora oggi”.

Nel sistema di comunicazione è oggi di grande importanza il racconto orale. Vino e racconto vivono in simbiosi. Per il marketing d’impresa narrare la propria storia è indispensabile. Perché è indispensabile emozionare, creare un legame tra il prodotto e il consumatore. Ecco che i vini diventano storie dell’azienda, dei metodi produttivi, delle persone. “Per vendere i nostri vini all’estero — ci racconta Primo Franco — partecipiamo sempre ai wine lunch organizzati dai nostri distributori e io oppure mia figlia non facciamo altro che raccontare, ciascuno a suo modo, la nostra storia”.
Perché il racconto coinvolge, emoziona, è il motore indispensabile che fa condividere e acquistare un vino.


INTERVISTA - Tre domande a Maurizio Di Robilant, presidente e fondatore Robilant Associati, che ha curato l’immagine della Cantina Nino Franco.

Il branding di Nino Franco: cosa ci può dire della vostra collaborazione con l’azienda?
Nel mondo del prosecco il branding è sempre stato più complesso che in altre categorie. La denominazione “Prosecco” con la sua potenza comunicativa difatti è sempre stata - fortuna e tormento dei produttori - più forte del nome di marca. La consapevolezza di questa istanza e il desiderio di spingersi sui mercati internazionali ha portato Nino Franco, in tempi lontani e ancora non sospetti, a porre a noi questo quesito chiedendoci di trovare una soluzione adatta a valorizzare l’immagine di prodotto a rafforzamento dell’identità e dell’immagine di brand. Anticipando i tempi, dunque – il progetto iniziale risale alla metà degli anni ’90 – Nino Franco sarà uno dei primi produttori di prosecco a dotarsi di un’identità innovativa, in totale rottura con i codici visivi del tempo.

Come è nato il marchio col grappolo e il calice?
Il marchio realizzato è un segno che mi piace definire “di terra”, è come se un aratro avesse disegnato nella terra quei tratti - tra cui si riconoscono un grappolo e un calice, insieme alle iniziali del fondatore – come a ribadire la tradizione colta del lavoro della terra che caratterizza la Cantina. Il simbolo è dotato di un equilibrio in un certo senso magico e misterioso, del tutto originale, che fa di Nino Franco un anticipatore dei linguaggi, andando a rafforzarne il posizionamento e a costruire una memorabile identità di marca. Ed è bello vedere come, a distanza di quasi due decenni, quel simbolo resista orgogliosamente all’avanzare degli anni conservando una forza e un’iconicità senza tempo che lo rendono anche oggi un marchio assolutamente contemporaneo.

Come si e sviluppata nel tempo la vostra collaborazione?
Nel tempo è stata anche costruita un’architettura di marca che ha aiutato a segmentare i prodotti favorendo la navigabilità e la leggibilità dell’offerta agli occhi dei consumatori, con proposte entry-level, core e premium. Man mano che le tecniche di confezionamento e di stampa si sono evolute, è stato inoltre portato avanti un costante lavoro di manutenzione e aggiornamento dell’immagine dei prodotti, con un packaging che si andava raffinando aggiungendo via via una percezione visiva e tattile sempre più sofisticata, a riaffermare il posizionamento di qualità della Cantina e dei suoi prodotti.

 


05/04/2019


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