Tendenze

Il rinascimento delle riviste

Se per anni le edicole sono state il centro di ogni quartiere e le riviste un rito settimanale, l’arrivo delle notizie online ha cambiato profondamente le abitudini di chi legge. Ma l’editoria periodica sta cambiando pelle, e a emergere sono progetti dall’identità forte. C’è spazio per formati ibridi e di ricerca, in cui la competenza di chi stampa è parte integrante della filosofia di progetto. Ne abbiamo parlato con Anna Frabotta (Frab’s), Arianna Cavallo (Il Post) e Sveva Ciaravolo (Corraini Edizioni).

Di Roberta Ragona | Su PRINTlovers 107 

Esiste ancora chi ama la stampa periodica, ma rispetto al passato ha decisamente cambiato abitudini. Nello spazio che si è generato con l’informazione online sono nati periodici nuovi che fanno della carta un mezzo per contenuti destinati a durare. Dai magazine indipendenti alle bookzine, dalle librerie ai musei, passando dalle edicole, bisogna intercettare chi ama le riviste nel giusto spazio. Anna Frabotta, fondatrice di Frab’s, negozio dedicato alla cultura del magazine indipendente, racconta: «Ho cominciato con un profilo Instagram in cui ogni giorno raccontavo una rivista della mia collezione. Intorno si è raccolta una comunità. Sono quindi partita con un e-commerce, fino ad aprire Frab’s come negozio fisico, luogo di divulgazione della cultura dei magazine. Ogni settimana facciamo eventi e organizziamo un festival, Mag to Mag, l’unico in Europa esclusivamente sui magazine indipendenti».
Intercettare il pubblico negli spazi che abita può anche voler dire trasportare la voce di un giornale dall’online alla stampa, come ci racconta Arianna Cavallo, giornalista che per Il Post si è occupata della progettazione della rivista “Cose”, nata per valorizzare un archivio molto ricco attraverso raccolte tematiche. «Abbiamo realizzato un prototipo tramite un servizio di print on demand, ma quando è arrivato abbiamo visto che non funzionava, avevamo sottovalutato l’importanza dell’aspetto grafico. Qualche anno dopo abbiamo ripreso in mano il progetto grazie alla collaborazione con Iperborea, che nel 2020 aveva lanciato Passenger, un periodico in cui ogni numero era dedicato a una destinazione di viaggio diversa. Da lì abbiamo immaginato di offrire una panoramica esauriente di un tema di ogni numero, tramite rubriche ricorrenti e un glossario, contrassegnati visivamente con i colori e il progetto grafico. Il lavoro di progettazione portato avanti con Giacomo Papi, Iperborea e studio Tomo Tomo per la grafica è servito a portare i contenuti in un formato dai limiti diversi da quelli con cui si ha a che fare online: si è trattato di tradurre la voce del Post in un medium differente».

Ma come si progetta un periodico pensato per essere collezionato e consultato? Innanzitutto tenendo conto del fatto che è un formato con una propria specificità, come sottolinea Frabotta: «In Italia la rivista si vede ancora come un prodotto di secondo piano rispetto al libro, eppure può costare quanto un libro, se non di più. Il design editoriale di un magazine da collezione è diverso da una rivista di consumo: le carte sono più resistenti e pregiate, cambia il tipo di stampa – spesso offset – e i formati non sono necessariamente standard. Le rilegature sono più robuste, a volte brossurate o cucite a filo refe, ma anche con legature svizzere o bodoniane. Il costo di produzione del singolo pezzo può essere più alto perché si lavora sui numeri effettivi, sapendo che quasi niente andrà al macero».

Un esempio di pubblicazione periodica che ha fatto della progettazione grafica la propria ragione d’essere è “Un Sedicesimo”, come racconta Sveva Ciaravolo: «Nasce nel 2007 da un’idea di Pietro Corraini di rivista che non parlasse di grafica ma che facesse grafica, da affidare in ogni uscita a un artista diverso. Per noi, per gli artisti e per le tipografie è uno spazio di ricerca, di totale libertà sul contenuto e dal punto di vista costruttivo: “Un Sedicesimo” non ha una gabbia grafica, ha avuto carte diverse, inchiostri Pantone, tagli e fustellature, alcuni erano un unico foglio stampa piegato, in altri casi sono rilegati. L’unico aspetto fisso è il sedicesimo, un formato ottimizzato per la stampa perché su ogni foglio macchina sono contenuti due sedicesimi. Un lavoro così eterogeneo su materiali, tecniche e lavorazioni, fa sì che le tipografie siano partner del progetto, è un dialogo continuo. Gli artisti fanno delle richieste, e lo stampatore rilancia con la proposta migliore per il progetto, anche l’ordine dei colori, come nel caso dell’ultimo Sedicesimo in cui uno dei Pantone è metallico e per ottenere determinate sovrapposizioni devi fare affidamento sulla perizia di chi stampa».

Le specificità della stampa periodica deve essere insomma parte integrante della filosofia del progetto, dai tempi al pubblico potenziale che si intende raggiungere. Il canale principale di vendita, che siano le edicole, le librerie, o spazi dedicati deve essere parte della fase di progettazione editoriale.
Ma chi è e come si raggiunge il pubblico di questo ventaglio di prodotti editoriali così diversi? Spesso al centro ci sono gli abbonati, che sono però solo una parte dei possibili interlocutori, come fa notare Arianna Cavallo: «Trovare un equilibrio tra una foliazione che permetta di affrontare un argomento in maniera esauriente e i costi di stampa è un tema di progettazione, se si vuole fare un prodotto che rientri nel budget per i consumi culturali dei nostri lettori. All’inizio uscivano due numeri di “Cose” l’anno, ora sono quattro, e vengono sempre proposti in anteprima agli abbonati: sono i nostri lettori forti, che lo regalano anche a persone che non leggevano Il Post per avvicinarli al nostro lavoro. La rivista è un biglietto da visita del nostro modo di fare giornalismo: il giornale, ma anche le newsletter e i podcast».
Anche per Un Sedicesimo gli abbonati sono al centro, come spiega Sveva Ciaravolo: «Prima arriva agli abbonati, poi viene comunicato, affinché sia una sorpresa totale per chi ci dà fiducia. Abbiamo cercato sin dall’inizio di tenere il prezzo di vendita il più basso possibile per renderlo accessibile a un pubblico giovane e agli studenti, comunque proponendo loro una rivista di qualità, di ricerca grafica e artistica. “Inventario” (la bookzine sul design curata da Beppe Finessi, che ha anche vinto nel 2014 il Compasso d’Oro) invece è supportato dall’azienda Foscarini, in un ruolo di puro mecenate. Sia Un Sedicesimo che Inventario una volta esauriti non vengono più ristampati. In entrambi i casi il lavoro sulle riviste è integrato rispetto alla casa editrice: una volta arrivati agli abbonati i passaggi successivi sono bookshop e librerie in tutto il mondo, in particolare i bookshop museali. Nell’ultimo paio d’anni Un Sedicesimo è stato anche in mostra in spazi dedicati alla grafica e al design come Salotto New York o al Museo Moca a Seul».
In tutto questo fermento anche le edicole e i grandi editori hanno cominciato ad andare incontro a un mondo molto diverso da quello della stampa periodica del passato, come nota Anna Frabotta: «Ultimamente molti gruppi editoriali stanno lanciando pubblicazioni simili alle riviste indipendenti nei linguaggi e nei formati per intercettare pubblici focalizzati. L’attenzione dei grossi gruppi può dare una spinta al settore, ma rischia di togliere ossigeno agli indipendenti da cui prende ispirazione».
Al centro di tutto, le abitudini di due generazioni di lettori che vivono molto diversamente il rapporto con la stampa periodica, come rileva Arianna Cavallo: «Questo ritorno forse nasce all’incrocio tra i millennial, che sono cresciuti con i supporti fisici e che hanno vissuto l’avvento di internet, e la Gen Z che non ha vissuto le riviste come una presenza ubiqua e sta scoprendo il fascino del formato. Le subculture hanno sempre avuto nelle riviste il loro spazio aspirazionale e di aggregazione. Le riviste e i libri offrono un momento di isolamento e concentrazione rispetto ai social, dove la lettura tende a essere più spezzettata e frammentata».
E proprio su questo pubblico di vecchi e nuovi appassionati si sta costruendo la seconda vita di un settore che ha cambiato forma, ma continua ad avere una rilevanza, anche se in modi diversi dal passato. Conclude Anna Frabotta: «I giovani comprano le riviste in base al contenuto del numero, raramente si affezionano a una testata. I collezionisti veri spesso hanno un’età alta, potere di spesa e sono metodici: se una rivista esce con una copertina variant, comprano tutte le variant. Tra i due estremi c’è la maggioranza di pubblico, tra cui molti professionisti dei settori creativi per cui una rivista di ricerca è come uno strumento di lavoro. Poi ci sono i curiosi e gli appassionati. Negli ultimi anni molte accademie creative hanno introdotto un corso di editoria sul magazine design: prima non aveva così tanto peso. Quando vedo in negozio ragazze e ragazzi di vent’anni, penso che stiamo trasmettendo l’importanza di una delle poche cose che può diventare archivio e testimonianza tangibile di un’epoca».
 


19/12/2025


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