Inchieste e ispirazioni

Galassia Pan di Stelle

Da semplice referenza all’interno del portfolio Mulino Bianco, a piattaforma indipendente in grado di dar vita a un proprio immaginario così affettivamente potente da riuscire a sconfinare in altri territori. Anche off-limits.

Di Roger Botti | Su PRINT 83

«Un  angolo di cielo può essere rotondo?» L’avventura Pan di Stelle oltre il biscotto, in un certo senso, ha inizio con questa domanda che per molto tempo è rimasta sul pack. Una domanda che conteneva in nuce le potenzialità – allora ancora inespresse – di un prodotto che è sempre stato molto più che un semplice biscotto.
 
In origine era soltanto una tra le molte referenze del portfolio Mulino Bianco. Eppure Pan di Stelle è sempre stato un prodotto un po’ più speciale degli altri, “trasgressivo”, sognante: l’anima indulgente di Mulino, mai troppo conclamata finché la referenza è rimasta all’interno della linea. Ma dentro Pan di Stelle c’è sempre stato “un mondo di sogni”. Ed è così che si è iniziato a pensare che fosse possibile trasformare un semplice, ma poeticissimo ed evocativo, nome di prodotto, in una vera “Marca”.
Un percorso simile per certi aspetti a quello di GranCereale che, per posizionamento e offerta, ha tuttavia una natura molto più descrittiva, razionale, funzionale. Pan di Stelle, invece, contiene in sé sin dal principio un immaginario – affettivo, relazionale, comunicativo, sognante, iconico – potentissimo. Come fosse da sempre la versione “notturna” del Mulino diurno.
La chiave del successo in questa fase della storia di Pan di Stelle è rappresentata dall’intuizione di usare i tratti più iconici del biscotto – il colore, le stelle, la forma – come elementi fondativi su cui edificare l’identità di marca. Il che ha significato soprattutto appropriarsi del marrone come colore di equity. Una scelta molto più che audace in termini di branding, eppure del tutto naturale per Pan di Stelle, il biscotto di cacao e zucchero, l’angolo di cielo notturno rubato con le sue stelle. Una storia semplice su cui era logico costruire una fiaba, ma soprattutto un evento eccezionale, nella storia del branding: uno dei migliori esempi di come la configurazione grafica, segnica e cromatica di un prodotto sia stata capace di diventare identità visiva di marca. E alla nuova marca è stato naturale aggiungere via via nuove referenze. Nel tempo prodotti diversi che tuttavia hanno sancito in maniera inequivocabile la capacità di essere “piattaforma”, decretando il passaggio della marca alla sua età adulta. È in questa fase, infatti, che Pan di Stelle diventa quasi completamente autonomo preservando il legame con il Mulino usato ormai solo come endorser.
A questo punto il brand fa un nuovo salto in avanti con un’identità che si sviluppa in coerenza con la precedente, ma si rinnova in chiave più di design, minimal, adulta, rispetto alla connotazione fiabesca un po’ childish che rischiava di assumere. Perfettamente in linea con il posizionamento, perché Pan di Stelle non ha mai inteso essere un prodotto per bambini, ma un biscotto per tutti i sognatori: piccoli o grandi che fossero. 
Nell’angolo rotondo di cielo stellato si genera un’eclissi: il biscotto si staglia su un cielo color cacao e scostandosi leggermente dà vita a una magia di luce. Quell’angolo illuminato di cielo oggi può essere ben più che un biscotto. Può essere torta. Può diventare merenda. Ma, soprattutto, può diventare una crema.
E lo fa con una forza che nessuno aveva mai dimostrato prima nell’entrare in questo territorio governato dal grande Golia. In molti nel tempo hanno provato a esplorare questo mercato, il più delle volte puntando tutto sul prodotto, ma mai nessuno era davvero arrivato a farsi Davide. Perché nessuno si era mai affacciato con un immaginario altrettanto potente, altrettanto affettivo, altrettanto relazionale e con un’identità così proprietaria e unica, da potersi permettere persino di cambiare le regole del gioco. Con una “carineria” – una granella di biscotto sbriciolata nella crema – Pan di Stelle dimostra la volontà di fare una cosa diversa, che in un certo senso rompe i cardini della categoria e li ridefinisce.
E così chi faceva il biscotto adesso fa la crema e chi faceva la crema adesso fa i biscotti. E la partita è aperta, per la gioia di golosi e sognatori.
Una storia di prodotti, di aziende, di marche, di categorie, di consumatori. Ma soprattutto una storia di sogni, sigillati in un vasetto di crema chiuso con un angolo di cielo rotondo.


Roger Botti è dal 2008 Direttore Generale e Creativo di Robilant Associati. Il suo ruolo coniuga insieme competenze manageriali, supervisione creativa e responsabilità organizzative. Botti vanta un’esperienza consolidata nel Brand Design e nel Packaging Design. Si occupa anche di Corporate Identity per importanti brand. Sotto la sua supervisione si è consolidato in RobilantAssociati un team dedicato a progetti di Retail Branding e Digital Strategy. Appassionato osservatore dei comportamenti di consumo, interviene spesso come relatore a conferenze e convegni.


25/09/2020


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