Interviste

Il sentimento del vino secondo Manuela Fischetto

Per raccontare il vino bisogna viverlo, amarlo, assaggiarlo, conoscerlo. In 25 anni Manuela Fischetto ha dato un’impronta molto particolare all’immagine delle cantine internazionali che si sono affidate al suo studio.

Di Stefano Tenedini | Su PRINT 67

 

Dai vigneti terrazzati dell’Alto Adige alle colline sotto il sole della Sicilia, il vino è ovunque: ma non può essere narrato con le stesse parole, il medesimo ritmo, immagini sempre uguali.
Il carattere di un vino è il carattere stesso del suo territorio, che deve risaltare fin dalla bottiglia e dall’etichetta.
Per questo subito, al primo incontro, tempesto di domande il produttore: voglio sapere dov’è la cantina, qual è la sua cultura, se ha una visione classica o moderna, cosa trasmette al cliente. Vino e packaging devono collaborare per esprimere vitalità e dettagli, perché il consumatore possa scegliere con le emozioni.

Il rapporto di Manuela Fischetto con i produttori è molto passionale: in oltre 25 anni il suo studio di Udine ha dato, grazie alla costante immersione nella realtà dei suoi clienti, un’impronta decisa alla comunicazione e all’immagine coordinata di piccole e grandi aziende vinicole, in Friuli e all’estero. Puntando a migliorare la visibilità dei prodotti, purché essi mantengano la loro natura.
“Insieme analizziamo la strategia produttiva, i target e la natura del business” dice. “Una grafica che sia coerente con il prodotto e il patrimonio della cantina è fondamentale per creare una comunicazione efficace e distintiva, capace di esaltare le qualità di quel vino e valorizzare così tutto il brand”. Il produttore indica la strada, che a volte può essere sorprendente: la Sicilia, ad esempio, oggi punta molto su etichette moderne, mentre in Toscana tende a prevalere la tradizione. Poi si declinano i vari look dell’immagine aziendale.
“Una cosa è certa: l’etichetta deve essere chiara, di lettura immediata e forte impatto visivo, ma anche fedele al contenuto: che senso ha dare un’etichetta superlativa a vini, lo dico con tutto il rispetto, da grande distribuzione? Già al primo incontro l’etichetta deve convincere, come un vestito, che dentro c’è un vino soddisfacente e sincero. L’effetto talvolta sorprende perfino me: di un Orvieto di Carpineto le vendite sono triplicate. Chiedevano al produttore: è lo stesso vino o lo avete modificato? Invece era solo l’immagine”, spiega.

Cambia l’equilibrio fra modernità e tradizione
Tra una visita in cantina e una passeggiata nei vigneti, raccoglie informazioni e porta a casa dei campioni. No, non di carta e vetro, ma di vino: “Ho bisogno di assaggiarlo, ne ho passione e una certa competenza. Guai se un designer di etichette fosse astemio… come farebbe a entrare in sintonia con il vino che deve “disegnare” e raccontare? Ne risulterebbe un’immagine fredda, senza desiderio: invece il vino parla di relax, di slanci, ha bisogno di sentimento”.
Il dibattito antico-moderno è sempre d’attualità, e a Manuela Fischetto non mancano gli esempi. “A fronte del restyling quasi impercettibile della celebre carta geografica delle etichette di Felluga, c’è la rivoluzione di Bastianich, un esempio di minimalismo con etichette bianche, solo il suo nome al centro e un filetto d’argento. Unico vezzo, l’uso di una vernice a rilievo che riproduce il vigneto, che il cliente quasi non coglie. In Sicilia, con Colosi, per la “Secca del Capo”, una malvasia di Salina, nelle Eolie, abbiamo disegnato un’etichetta più moderna, colorata, quasi astratta, con tinte piene e i simboli dell’isola: ormai si sta “contaminando” anche lo stile tradizionale. Penso a chi vende in Cina, dove per incontrare il gusto locale le etichette hanno colori molto saturi”.

I clienti di solito non gradiscono un’immagine troppo elaborata, barocca. La preferiscono pulita, con pochi elementi, che si legga bene e valorizzi il brand, tanto da catturare l’occhio del consumatore alla prima occhiata. “I produttori hanno imparato a fidarsi di noi, ma dietro ci dev’essere un gran lavoro: tutte le etichette le presentiamo rifinite a mano, sulla carta che verrà usata e sulla bottiglia giusta, con dentro “quel” vino, con collare e capsula se è spumante. Devono approvare il nostro progetto guardando il risultato e tenendolo in mano, come avverrà al momento dell’acquisto”.

“Solo i partner più affidabili per un lavoro di eccellenza”
Un vero e proprio show davanti ai produttori e ai dipendenti come a teatro”, lo definisce Manuela Fischetto: ognuno dice la sua, poi si decide. Si entra così nella fase di lavorazione, con l’impegno prezioso degli stampatori che devono preparare le etichette vere, testarle in condizioni standard (e sulle macchine di imbottigliamento), maltrattarle, sottoporle al sole e alla pioggia, al freddo e alla condensa per verificare che restino attaccate e non si deteriorino.

Un percorso che vede la designer udinese al fianco delle cantine, dei fornitori della carta, degli stampatori: “Le etichette devono rispettare il progetto e le scelte del cliente, per la soddisfazione e la tranquillità di tutti” precisa. Noi arriviamo addirittura a firmare la prova finale, e lo stampatore ne tiene una copia cui fare riferimento in ristampa. Perché dei clienti non vogliamo essere soltanto fornitori, ma partner”.

Cartiere e stampatori d’eccellenza? Una classifica è impossibile, ma con tutti c’è solida collaborazione e i nomi ricorrenti meritano un grande rispetto. “Ho solida, frequente collaborazione con Fedrigoni, uso anche Fabriano, loro fiore all’occhiello, che per fortuna è rimasta in mani italiane salvandone la bellezza. Ma anche i tedeschi di Gmund producono carte bellissime, che utilizziamo per Carpineto: la prima composizione dell’etichetta del Dogajolo Rosato, ad esempio, è stata creata con un disegno totalmente dipinto a mano, e ora abbiamo in corso il restyling di brochure Colosi, Querciarossa ed expertise Arunda Metodo Classico”.

Lamine, carte per rilievi e anche la vernice braille
Per quanto riguarda le lamine, Manuela Fischetto collabora col gruppo Kurz, rappresentato in Italia da Luxoro. Per le carte e gli inchiostri eco-sostenibili non nasconde l’apprezzamento per UPM Raflatac: “Uniscono sensibilità e una grande professionalità: materiali bellissimi anche se riciclati, carta usata che è davvero... usabile, non si spappola, non si inumidisce, resta attaccata alla bottiglia, è lavorabile, non troppo rigida e non ha ‘effetto memoria’ anche per lavori di embossing, in rilievo, e di debossing, che appare come un solco”.

Non ha molta richiesta e non apprezza invece i supporti in materiale plastico e gli applicabili, anche per la difficoltà di far “coesistere” le immagini del vino e le diciture di legge. Mentre per una nobilitazione di tipo tattile e materico ricorre a volte a una vernice braille che risalta in spessore: si usa una carta di Fabriano fatta a mano con molto cotone, che consente una vergatura spessa.

Tra gli stampatori spiccano Multicolor (gruppo americano che ha acquisito la ex Guidotti di Lucca), la Grafiche Tonutti di Fagagna, in Friuli (all’avanguardia nel settore e spesso chiamata a testare nuovi metodi di stampa, macchinari e carte), oppure le toscane Modulgraf e Fustelgrafica, quest'ultima molto attiva nel mondo del vino, la Litografia Fiorentina, la veronese Sefra e infine la Juliagraf di Udine. “Tutti ottimi partner” conclude “cui chiedo di darmi l’eccellenza che dobbiamo ai nostri clienti: insieme si prova e si riprova, fino a trovare l’equilibrio”.


01/08/2017


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