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Nel textile la sostenibilità è un dialogo a più voci

L’industria tessile sta vivendo una trasformazione che richiede un approccio olistico alla sostenibilità. Nel fashion ma non solo: anche l’arredamento comincia a sviluppare strumenti di certificazione e controllo.
Ne abbiamo parlato con Roberto Cozzi, Presidente del Comitato di gestione For Textile, nuovo nome del marchio Seri.co, impegnato a promuovere e rendere misurabile la sostenibilità nelle aziende tessili del distretto comasco. E che ha in serbo grandi novità per il futuro.


Di Caterina Pucci | Su PRINTlovers 90

Da alcuni anni l’industria tessile sta cambiando pelle attraverso iniziative che puntano a ridurre l’impatto ambientale dei processi, riducendo l’utilizzo di sostanze chimiche dannose per l’ambiente o facendo ricorso a tecnologie (come ad esempio la stampa digitale) che consentono di ridurre le percentuali di invenduto. Secondo il report , recentemente pubblicato da McKinsey,  il comparto moda è responsabile dal 20 al 35% dei flussi di microplastica negli oceani e vanta un’impronta di carbonio superiore a quella dei voli internazionali e dello shopping messi insieme.
La trasformazione in atto prevede l’adozione di un approccio olistico, che punti a promuovere la sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica.

Un obiettivo che il marchio Seri.co persegue da oltre vent’anni, lavorando per rendere misurabile l’impegno delle imprese tessili del distretto comasco sul fronte della sostenibilità “a 360 gradi”.
Da qualche settimana le imprese che aderiscono alla certificazione hanno annunciato il cambio di nome in For Textile e dato il via alla compilazione della nuova scheda 27 (relativa alla Rendicontazione Governance Sostenibile). Una decisione dettata dalla necessità di stare al passo con le richieste del mercato e degli stakeholder, allargando lo sguardo verso aziende che producono tessuti per arredamento, mobili imbottiti, tendaggi e imprese terziste ad essere associate.

«Nel 2001, l’introduzione del marchio Seri.co ha fatto sì che le aziende del distretto aderenti si conformassero a una serie di principi comuni» spiega Roberto Cozzi, Presidente del Comitato di gestione For Textile/Seri.co. «Questo ha permesso loro di fare fronte comune e fornire una risposta univoca ai brand owner, che richiedono di sottoscrivere codici etici interni dagli standard di sostenibilità molto elevati, talvolta difficili da soddisfare».
Tra le 52 aziende certificate che aderiscono al marchio si trovano professionisti di ogni tipo: dal piccolo artigiano con quindici dipendenti alla grande multinazionale quotata in borsa. Ma anche importatori di filo, tintorie, produttori chimici. Le schede tecniche elaborate da For Textile/Seri.co sono sottoposte a costante aggiornamento, in considerazione del fatto che le normative in materia di sostenibilità, sia a livello europeo che internazionale, sono in continua evoluzione. «Le nostre scelte sono sempre state dettate da questioni pragmatiche. – prosegue Cozzi – Per esempio la n.24, che fa riferimento ai prodotti che non devono essere utilizzati sui tessuti, è nata in conseguenza del fatto che ricevevamo dai clienti centinaia di capitolati tutti diversi, che era impossibile verificare uno per uno. Con la scheda abbiamo posto dei “vincoli” che hanno semplificato il lavoro».

Per garantire massima trasparenza, il marchio For Textile/Seri.co si è affidato a un ente terzo (TÜV Rheinland) che si occupava di effettuare controlli “a campione”, nel senso letterale della parola, scegliendo tessuti dalla produzione da sottoporre a prove di laboratorio. «Quando abbiamo cominciato, non si parlava ancora di certificazioni e la cultura della sostenibilità era meno radicata rispetto ad adesso. Oggi queste operazioni vengono svolte regolarmente dalle aziende durante i controlli in uscita» aggiunge Cozzi.
Nell’abbigliamento, la valutazione delle prestazioni ambientali sembra essere consolidata, anche se occorre insistere sui concetti di economia circolare e di governance, sull’assenza di fenomeni corruttivi, sulla digitalizzazione delle aziende e in particolar modo sulla tracciabilità di prodotti e processi. «Alcune filiere sono più pronte di altre. Per agevolare il processo è importante promuovere la cultura della sostenibilità, facendo passare il messaggio che l’unione fa la forza» prosegue Cozzi. «Una singola azienda da sola può fare ben poco, mentre muovendosi come associazione è possibile avviare iniziative interessanti, che abbiano risonanza su larga scala».

Il rinnovo del nome e del logo rientra nell’obiettivo di For Textile/Seri.co di estendere il proprio impegno anche a nuovi settori e dare la possibilità di aderire al percorso di certificazione e sostenibilità che finora a caratterizzato Seri.co anche a nuove realtà che, per la tipologia di produzioni, finora non si erano sentite rappresentate dal nome Seri.co, che rimanda troppo specificatamente alla seta. Tra queste figurano soprattutto aziende del settore arredamento, in cui il tema certificazioni ambientali ha cominciato a farsi strada. «I tessuti per l’interior decoration vengono a contatto con la pelle tanto quanto quelli utilizzati nell’abbigliamento, eppure pochi sembrano farci caso. Quando si acquista un maglione viene spontaneo analizzarne l’etichetta, mentre lo stesso non succede, per esempio, con la composizione del divano. Manca consapevolezza da questo punto di vista, in primis nei clienti finali, le cui scelte spesso dettano quelle dei produttori».

Per promuovere la cultura della sostenibilità anche nell’arredamento, per prima cosa For Textile/Seri.co sta recuperando capitolati da parte di clienti finali; il secondo passo consisterà nell’aggiornare le schede tecniche specifiche per questi prodotti, che riguardino per esempio la migrazione di colore dai tessuti destinati all’home textile o la solidità alla luce di alcuni complementi d’arredo, come le tende. «Un vantaggio è dato dal fatto che alcuni grandi brand della moda, con cui le aziende aderenti al marchio lavorano quotidianamente, già utilizzano i tessuti delle collezioni couture per l’arredamento d’interni. Non tutti ragionano in questo modo: certificarsi è una faccenda complessa e se il mercato non ne avverte l’esigenza, si tende a procrastinare. Una delle azioni da intraprendere sarà quindi quella di comunicare all’utente finale, che spesso viene bombardato di informazioni imprecise o incomplete, e creare una cultura della sostenibilità a tutto tondo» aggiunge Cozzi.
L’obiettivo a lungo termine è uscire da una dimensione provinciale per abbracciare un percorso internazionale, partendo dalla valorizzazione dei centri d’eccellenza presenti sul territorio nazionale e dalla condivisione dei risultati raggiunti con distretti tessili comparabili, come Biella e Prato.


11/03/2022


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