How it's made

Liberi di leggere

Per molte persone i libri costituiscono vere e proprie “barriere architettoniche”. Ma se tutti sappiamo che il braille è il metodo di scrittura e lettura per ciechi e ipovedenti, cosa succede quando a dover essere letto è un e-book? E quali sono gli standard per rendere inclusivo un libro, digitale o fisico, per chi ha bisogni educativi speciali (BES) o disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)? Dai formati re-flowable all’uso di tag semantici, dalla scelta del font all’uso del colore, ecco cosa bisogna sapere sui libri accessibili.

Di Lorenzo Capitani | Su PRINTlovers 87

L’idea del metodo di lettura e scrittura tattile che porta il suo nome venne a Louis Braille nel 1829, quando incontrò un ingegnere dell’esercito che aveva escogitato un sistema per leggere i messaggi nel buio delle trincee. Braille, cieco dall’età di 3 anni, elaborò un alfabeto formato da simboli composti da un massimo di sei punti, disposti su una matrice 3x2 inquadrata in una casella di circa 7x4 mm.
Uno dei vantaggi di questo sistema era la facilità di realizzazione: i punti infatti potevano essere facilmente incisi con un punteruolo su fogli di carta spessa. All’epoca i ciechi leggevano con il metodo Haüy che usava gli stessi caratteri usati per la stampa, messi in risalto da un filo di rame collocato sulla facciata opposta del foglio, su cui veniva fatto scorrere il polpastrello dell’indice. Ma ciò non consentiva di scrivere, oltre al fatto che la lettura tattile di segni articolati era estremamente complessa.

Da allora il braille è diventato lo standard e si è esteso oltre i 64 caratteri possibili con la matrice base, coprendo punteggiatura, segni diacritici, simboli matematici, chimici e fonetici, linguaggi specifici e persino la musica. Il braille è sugli astucci dei farmaci, sulle targhe tattili alle fermate della metropolitana o nei musei, sul packaging (per esempio la linea “Terre d’Italia” di Carrefour) e persino Lego Foundation ha realizzato i Braille Bricks per insegnarlo ai bambini giocando.
Il braille, fondamentale per l’inclusione delle persone cieche o ipovedenti e basato su una traduzione tattile e materiale del testo, non è esente da difetti: «I libri in braille e quelli a caratteri ingranditi per persone con ipovisione grave – spiega Cristina Mussinelli, Segretaria Generale della Fondazione LIA – sono difficili da trovare, voluminosi e pesanti da portare con sé, e inoltre sono costosi, perché vengono prodotti su richiesta da centri specializzati in base alle specifiche esigenze».
La tecnologia, con la diffusione del libro digitale e la digitalizzazione della sua produzione, ha portato al punto di svolta. Infatti, se ho un testo digitale, lo posso trasformare e adattare molto facilmente e così le possibilità di fruizione si moltiplicano: posso trasformalo in audio, farlo riprodurre da un Braille display e posso cambiare le caratteristiche formali dei caratteri, dei corpi, delle interlinee in modo che possa essere accessibile e facilmente letto anche da chi ha difficoltà visive o di apprendimento.

Il testo fluido
Allo stato attuale per l’editoria non scolastica gli standard di un libro digitale sono essenzialmente due: il mobi e l’epub. Il mobi è il formato proprietario di Amazon per i Kindle, l’epub invece è lo standard aperto per gli e-book ed è diventato il formato principale nell’editoria digitale. L’epub presenta benefici soprattutto in termini di accessibilità, anche se esistono altri formati, a volte proprietari, che possono essere considerati di fatto “dialetti” di questi due “linguaggi”. In ogni caso si tratta sempre di formati “re-flowable”, per così dire liquidi, in grado di ottimizzare il testo in base al dispositivo di visualizzazione e di rimodellarlo secondo le impostazioni e preferenze tipografiche dell’utente.
Alla base dell’epub c’è l’XML, un linguaggio di markup creato dal World Wide Web Consortium (W3C) per la codifica dei documenti facilmente leggibile da uomini e macchine. Per far questo si usano i tag che definiscono la struttura del documento, il modo in cui il documento deve essere memorizzato e trasportato. Di fatto, un epub può essere considerato come un sito inscatolato in un formato specifico dove le pagine sono file in formato HTML o XHTML, lo stesso formato utilizzato per il web, mentre il layout del libro è determinato da un foglio stile in formato css, un file che descrive la resa grafica.
Per sua natura l’epub, nella versione 3, è il formato migliore per la rappresentazione di un contenuto digitale, perché fruibile in modo ottimale da tutti i dispositivi esistenti. Non a caso dal 28 giugno 2021 Kindle non supporterà più il formato mobi e i formati derivati prc e azk. Resterà solo per gli e-book a layout fisso, che Amazon accetta al momento solo nel caso di libri per bambini, fumetti (in kf8) e libri di testo scolastici o universitari in formati complessi, spartiti musicali compresi.
Per definizione, teoricamente, sarebbe escluso dai formati adatti a un libro digitale accessibile anche il pdf, proprio per la sua natura fissa, orientata alla stampa: non c’è testo liquido e la geometria della pagina non si adatta al dispositivo o allo schermo su cui stiamo leggendo. Ma in realtà un pdf, se viene impaginato correttamente in fase progettuale, può essere accessibile: non a caso viene utilizzato in parte della scolastica.

L’e-book accessibile
Per essere davvero accessibile, un e-book deve possedere alcune caratteristiche che facilitano la lettura, ovvero, come anticipato, deve adattarsi al device e alle esigenze di chi legge, consentire di ingrandire i caratteri, di modificare i colori e i contrasti per il testo e lo sfondo; inoltre ogni elemento deve essere opportunamente marcato per essere identificabile dal device e quindi riproducibile. Immaginate di avere “I Promessi Sposi” nell’edizione che abbiamo letto a scuola con note e disegni, ma stampato in testo a correre senza interruzioni di riga e di paragrafo, tutto nello stesso carattere e corpo, senza identificazione di note e senza titoli: sarebbe illeggibile. Ecco, questo è quello che ha a disposizione un ipovedente con un testo reso non correttamente accessibile. Per questo ci deve essere un indice dei contenuti che sia navigabile e consenta al lettore di accedere direttamente a tutti i capitoli del testo tramite link, ci devono essere i titoli, identificati come tali, per favorire la navigazione, un indice analitico che permette l’accesso diretto, tramite rimandi interni interamente linkati, ai termini indicizzati, note linkate e indirizzi web attivi in modo da rimandare a Internet per eventuali approfondimenti. Le eventuali tabelle devono essere navigabili per righe e colonne e le intestazioni devono essere identificate come tali. Infine, i contenuti non testuali come foto, disegni, grafici devono avere una descrizione parlante.
Per sua natura l’epub permette di pubblicare contenuti con un maggiore livello di accessibilità, grazie alla possibilità di sfruttare al massimo i tag semantici dell’HTML5, all’arricchimento dei tag ARIA (che identificano le varie porzioni di testo), e alla possibilità di dichiarare il livello di accessibilità del file direttamente tra i metadati
dell’e-book. Nel contesto dell’implementazione dell’European Accessibility Act, ovvero la normativa europea per l’accessibilità di prodotti e servizi varata nel 2019, l’adozione del formato epub 3 è strategica per editori, creatori di contenuti e, in generale, per tutta la filiera editoriale.

La cultura dell’accessibilità
L’applicazione degli standard non è un vincolo, ma si traduce nell’accesso al testo con tecnologie assistive e diverse possibilità di lettura, prima di tutto audio, tramite le funzioni di sintesi vocale dei vari smartphone e tablet o dei pc, tutti device che permettono il text-to-speech nel rispetto delle regole di pronuncia e sillabazione della lingua del testo. Programmi come Google Play Libri o Libri di macOS, oltre a personalizzare visivamente il testo e a interagire con esso, consentono la sintesi vocale regolando la velocità della voce e permettono di spostarsi tra i titoli, le sezioni o i link. L’altro grande vantaggio è la lettura diretta in braille digitale: non occorre più produrre un testo in braille, ma basta collegare il proprio device di lettura a un display braille che traduce in tempo reale le parole in segni.
Un e-book accessibile ha il vantaggio di essere un libro migliore per tutti i lettori in generale, anche per gli editori. E questo è merito della Fondazione LIA che promuove l’accessibilità del libro, aiuta e affianca gli editori a elaborare un modo giusto di produrre. «Produrre pubblicazioni e piattaforme digitali accessibili e maggiormente fruibili –  spiega Cristina Mussinelli – significa non solo tener conto dell’evoluzione delle normative, ma soprattutto mettere l’utente al centro da un punto di vista progettuale, commerciale ed etico». L’idea vincente è proprio quella di proporre un modello produttivo detto born accesible, ovvero, continua Mussinelli, «introdurre l’accessibilità nei tradizionali processi produttivi in modo che i libri siano accessibili a tutti fin dalla loro prima pubblicazione. Questo implica che non sarà necessario creare una versione accessibile a posteriori, ma che verrà pubblicata e messa in commercio un’unica versione di alta qualità fin da subito» senza un re-work, insomma, che non garantirebbe piena compatibilità e le stesse tempistiche di pubblicazione di un libro cartaceo. «LIA è stata uno dei principali promotori di questo concetto e incoraggia tutte le realtà italiane e internazionali con cui collabora a lavorare secondo la stessa filosofia, accompagnandole passo passo nel loro percorso verso l’accessibilità. Gli editori, infatti, possono inserire l’accessibilità nei propri processi produttivi facilmente, senza adattamenti successivi derivandola direttamente dagli stessi file impaginati per la stampa» dice ancora Mussinelli.
È quello che hanno fatto fin dal 2014 in Rizzoli Education, che con Mondadori Education ha reso accessibile l’intero catalogo di scolastica. Perché se il tema è caldo per gli e-book di varia e saggistica, lo è ancora di più per i testi scolastici, «il cui layout è complesso perché – come ci hanno spiegato da Mondadori Education e Rizzoli Education – nell’impaginato non c’è un rapporto lineare e concatenato tra gli elementi: bisogna rendere leggibili tabelle, schemi, mappe concettuali, sintesi, percorsi iconografici, formule, grafici, cronologie, traduzioni a fronte, note al piede». E aggiungono: «Realizziamo la copia digitale di ogni prodotto a catalogo proprio perché riconosciamo al digitale una caratteristica intrinsecamente inclusiva. Per noi, l’evoluzione del prodotto editoriale non si ferma solo alla digitalizzazione dei contenuti e alla loro erogazione su più canali, ma coinvolge la fase stessa della progettazione, affinché si adottino metodologie e tecniche didattiche, ovvero contesti di apprendimento, che contribuiscano a un insegnamento inclusivo».
La soluzione trovata è quella che chiamano “nativo unico” che rende il testo “liquido” fin dall’inizio, operando una taggatura dei contenuti direttamente in InDesign: ogni parte così è identificabile e spacchettabile in porzioni che possono essere facilmente estratte in un XML poi trattato per creare una versione digitale altamente fruibile. «La sfida sicuramente più rilevante, per Mondadori Education e Rizzoli Education, è stata quella di costruire un flusso che preveda regole di impaginazione che consentano, con uno sforzo ragionevole, l’estrazione dall’InDesign di un file XML. Questo processo coinvolge diverse figure, dai redattori e grafici alla programmazione e controllo, agli uffici digitali che si occupano delle infrastrutture». Questo significa modalità di produzione molto più veloci e meno costose rispetto alla conversione di quello stesso titolo in versione digitale. «Proprio uno sforzo condiviso ha reso possibile un processo di creazione omogeneo senza stravolgere flussi consolidati. La lavorazione dell’XML è sicuramente una fase di lavoro che prima non esisteva, ma è stata armonizzata nel calendario editoriale. Già in prima bozza inseriamo all’interno dell’impaginato i tag che consentiranno l’estrazione automatica dell’XML, poi convertito in HTML in modo che sia fruibile in digitale».
Percorso analogo anche per Il Mulino che ha reso accessibili non solo i libri, ma anche la sua piattaforma didattica Pandoracampus: in collaborazione con LIA nel 2019 ha avviato un percorso per rendere accessibili i contenuti web secondo le linee guida pubblicate dal W3C (WCAG 2.1 Livello AA) tra le quali vi è la possibilità, per un utente, di navigare la piattaforma senza l’uso di mouse, l’identificazione semantica delle parti della pagina web, un contrasto colori adeguato e la presenza di descrizioni alternative per tutte le immagini e i contenuti.

Libri ad alta leggibilità
Ma l’accessibilità non passa solo dalla digitalizzazione. Esiste, infatti, il grande universo dei libri cartacei per chi ha forme di ipovisione, bisogni educativi speciali (BES) o disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Per aiutare e personalizzare il loro apprendimento sono nati i libri ad alta leggibilità: un’altra realtà che sta acquisendo sempre più importanza nel mondo dell’editoria. «Sono libri pensati per chi ha specifiche difficoltà di lettura, dislessia o altro disturbo dell’apprendimento» chiarisce Cristina Mussinelli. «In generale, si tratta di un testo formattato in modo da facilitare la lettura da parte di tutti, attraverso l’utilizzo di alcuni criteri nell’impaginazione, come testi non giustificati e pagine maggiormente “ariose” grazie a margini più ampi e un’interlinea maggiore. Alcuni editori in Italia sono specializzati in questa tipologia di pubblicazione, con libri o intere collane dedicate».
Mondadori Education e Rizzoli Education, per esempio, affiancano a testi interamente BES, quindi versioni “facilitate”, impaginate ad hoc e con font ad alta leggibilità e certificati, come il biancoenero, ampie porzioni dei libri “per tutti” con “print facilitato”, quindi le parti di teoria, gli esercizi, le mappe e le sintesi, «oltre alla lettura recitata di molte parti, anche il Text to speech e il dizionario integrato come click & search. L’accessibilità al testo è garantita anche dalla lettura ad alta voce (spesso dell’intero profilo) accessibile direttamente da smartphone grazie ai codici QR con i quali accedere alla parte digitale».
Lo stesso fa Zanichelli che mette a disposizione in ogni volume strumenti digitali come dizionari, sintesi vocali (anche con karaoke che evidenzia l’esatta parola letta), audiolibri.
Il Battello a Vapore, che dedica un’intera serie di libri all’alta leggibilità, ha scelto invece di non realizzare testi semplificati nei contenuti, ma libri con caratteristiche grafiche e di impaginazione che favoriscano la leggibilità e che li rendano accessibili a tutti i piccoli lettori con DSA e BES. E così fanno anche la casa editrice Raffaello con la collana “Parole Leggere” e Uovonero con “Abbecedanze”, nella quale è pubblicata anche la fortunata serie di romanzi per ragazzi con protagonista Hank Zipzer, ragazzo dislessico ideato dalla scrittrice Lin Olivier e dall’attore Henry Winkler, il Fonzie di Happy Days, anch’egli affetto da dislessia. Ma ci sono collane dedicate anche agli adulti come “Relax. Leggi senza fatica” di TEA o “Leggo facile” di Mondadori, solo per citarne un paio.
Ma cosa rende accessibile un libro stampato? Per prima cosa tutta una serie di accorgimenti tipografici come la spaziatura tra parole, lettere e punteggiatura, un’interlinea più ampia e il testo non giustificato. Inoltre, paragrafi e capitoli devono essere frammentati, senza sillabe a capo per evitare parole spezzate e margini appositamente studiati per non opprimere troppo la pagina.
«In Zanichelli – racconta Massimo Evangelisti, responsabile editoriale che ha curato il progetto “10 in leggibilità” () – con lo studio grafico ChiaLab e l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (ISIA) di Urbino, abbiamo individuato 10 regole che possono appianare gli scogli dell’illeggibilità. Per molte persone, infatti, i libri costituiscono delle vere e proprie barriere architettoniche: illustrazioni, foto e testi devono essere messi in pagina in modo da rendere chiaro e lineare il percorso di lettura, e le immagini dovranno essere vicine al testo di riferimento.
Va evitato il crowding, ovvero l’affollamento delle parole: ogni riga dovrà contenere al massimo 80 battute. L’interlinea deve aumentare in proporzione alla misura del carattere e deve esserci un rientro di capoverso ogni paragrafo per scandire bene il testo e indicare l’inizio di una nuova parte».
Poi c’è l’uso del colore: «Scegliere un fondino – continua Evangelisti – troppo scuro o acceso può pregiudicare la lettura del testo così come sovrapporre un testo a un’immagine». Anche il supporto ha la sua importanza e l’uso di carta color avorio a grammatura spessa evita i riflessi della carta bianca ed eventuali trasparenze. Un bell’esempio di libro veramente accessibile e per tutti è il primo libro per bambini del progetto Luckydot, “Wo Ist Luna?”, realizzato dalla designer austriaca Anna Weinzettl e stampato da Estermann Druck in collaborazione con Müller-Martini. Weinzettl ha realizzato un font che traduce ogni carattere nel corrispettivo in braille consentendo a non vedenti e vedenti di leggere insieme lo stesso testo. Lo stesso ha fatto con le immagini rendendole rilevate in modo da poter essere percepite al tatto e per migliorare al massimo la leggibilità il libro cartonato è un tout-carton che consente l’apertura massima delle pagine. Ha anche una parte digitale audio coi versi degli animali.

Il font giusto
Grande importanza, infine, ricoprono i caratteri tipografici. Se volete avere un’idea della difficoltà di lettura che può avere un dislessico, il designer britannico Dan Britton ha creato un font “al contrario”, ovvero un font a cui manca il 40% di ogni lettera. In verità questo font non riproduce esattamente quello che un dislessico percepisce, ma rende l’idea di come possa essere difficoltosa e lenta la lettura. Ma il font da solo non basta: esiste a oggi una vera e propria guida redatta dalla British Dyslexia Association che racchiude le indicazioni per la creazione di materiale didattico che faciliti l’apprendimento () nella quale si suggerisce per esempio di usare font senza grazie (come Arial, Comic Sans, Verdana, Tahoma, Century Gothic, Trebuchet, Calibri o Open Sans), usare corpi di almeno 12-14 punti con un’interlinea maggiore almeno del 35%, di impostare lo spazio tra le parole almeno 3,5 volte lo spazio tra le lettere e di evitare la sottolineatura e l’uso dell’italic, preferendo il bold per dare enfasi. Ma ci sono anche font creati ad hoc e certificati: editori come Biancoenero Edizioni e Sinnos hanno creato un font specifico per l’alta leggibilità. Il font biancoenero dell’omonima casa editrice è stato il primo a nascere in Italia con questo scopo e oggi è usato da Pearson, Giunti, Mondadori Education e Rizzoli Education, La Scuola. Realizzato dal graphic designer Umberto Mischi, supportato da un team di psicologi, tipografi ed esperti nei disturbi dell’apprendimento, si focalizza principalmente sulla singola lettera, sulla differenza tra ascendenti e discendenti e sulla larghezza media delle lettere; secondo Mondadori Education e Rizzoli Education «grazie al singolare disegno di ogni lettera e agli accorgimenti tipografici utilizzati nell’impaginato (corpo, interlinea, utilizzo della bandiera) consente ottimi risultati di leggibilità».
Leggimi! è invece il font creato da Sinnos nel 2006, e successivamente adeguato e aggiornato nel 2016, anch’esso in collaborazione con neuropsichiatri, logopedisti e insegnanti ed è usato anche dal Battello a Vapore. I caratteri sono contraddistinti da uno spessore uniforme e una spaziatura adeguata, oltre che da determinati accorgimenti che riducono la confusione fra alcune lettere. Esiste anche l’EasyReading, un carattere ibrido realizzato con la combinazione di lettere dotate di grazie (serif) e lettere senza grazie (sans-serif). Le grazie, in particolare, sono state realizzate apponendo specifici allungamenti ortogonali alle estremità delle lettere, impedendo così la confusione di quelle simili per forma, mentre i caratteri ben distanziati impediscono la percezione di affollamento. Il carattere, tra gli altri, è usato da Ancora, Panini, Edizioni Paoline Libri e RAI Libri. Infine, da citare ci sono anche il Dyslexie, frutto del lavoro di un olandese affetto da dislessia, in cui ogni lettera è unica e inequivocabile, dallo stile un po’ infantile, e l’OpenDyslexic, che si pone come carattere opensource, quindi di libero uso.


Descrizioni alternativedelle immagini
I contenuti digitali sempre più spesso veicolano significati importanti attraverso le immagini. Ma come “vede” un’immagine chi non può vedere? Attraverso la descrizione alternativa che racconta un’immagine o una foto. Per questo è importante, spiega Mussinelli, che «tutte le foto, le illustrazioni e i grafici presenti all’interno di un documento digitale o di un sito web siano corredati da una descrizione alternativa che permetta di comprendere il contenuto anche a chi ha una disabilità visiva. Quando non possiedono una descrizione alternativa, le immagini di fatto perdono ogni significato, diventando silenziose per chi ha una disabilità visiva».
Per scrivere una buona descrizione alternativa è necessario seguire alcune regole basate su una tassonomia di categorie che classifichi i diversi tipi di immagini e la descrizione vera e propria del contenuto della figura. Questa attività è onerosa, soprattutto per i testi di scolastica in cui la maggior parte dell’iconografia non è costituita da foto bensì da disegni, illustrazioni, infografiche, immagini complesse, diagrammi o schemi; per questo la LIA ha iniziato un progetto pilota per l’automazione delle descrizioni basata sull’Intelligenza Artificiale: usando i servizi basati sulle reti neurali artificiali e sul machine learning offerti da Microsoft, Google, Amazon e Facebook, è stato sviluppato un tool che riceve in input un file epub, estrae tutte le immagini e crea automaticamente la descrizione alternativa. Anche Mondadori Education e Rizzoli Education hanno iniziato una sperimentazione analoga basata su AI: «Al momento, la versione accessibile del testo digitale contiene le immagini strettamente necessarie alla comprensione ma, per quanto riguarda le descrizioni alternative, abbiamo recentemente iniziato a sperimentare con tecnologie AI per semplificare il processo in modo da potere inserire ogni elemento non testuale del libro».


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Fondazione LIA - Libri Italiani Accessibili
Nata nel 2011 dapprima come progetto dell’AIE con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali per promuovere la cultura dell’accessibilità nel campo editoriale e la creazione di un catalogo dei libri accessibili in Italia, nel 2014 la Fondazione LIA si è evoluta in organizzazione non profit. Nel 2017 la UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) si aggiunge come membro istituzionale, seguita nel 2019 dalla AID (Associazione Italiana Dislessia) e dalla Biblioteca per Ciechi “Regina Margherita” di Monza. L’obiettivo della Fondazione è quello di permettere a tutte le persone con disabilità visiva o difficoltà di lettura dei prodotti editoriali a stampa di scegliere come, quando e, soprattutto, cosa leggere, favorendone così l’integrazione sociale e la partecipazione attiva al mondo della cultura, della scuola e del lavoro. Oggi Fondazione LIA offre servizi di consulenze e formazione per le aziende che vogliono integrare l’accessibilità digitale all’interno dei propri processi produttivi e lavora con l’obiettivo di favorire la creazione di un ecosistema editoriale accessibile per tutti, garantendo così la possibilità di leggere un documento, a prescindere dalla tipologia e dal contesto: e-book, bilanci e relazioni annuali, rendicontazioni, ma anche i siti web, le app, le piattaforme digitali. Oggi LIA ha un catalogo di 26.000 titoli certificati come accessibili, numero costantemente in crescita con le novità editoriali in uscita, e ha come partecipanti attivi moltissimi editori, grandi e piccoli.



 


30/07/2021


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