Interviste

Il lusso? È tale solo se è irripetibile

Era forse scritto nel destino che sarebbe stato un altro designer triestino, dopo Marcello Dudovich che nel lontano 1924 disegnò pubblicità e manifesti, considerati poi vere e proprie opere d'arte, del più famoso cappellificio al mondo, a creare il restyling di Borsalino.
La storica azienda di cappelli di lusso nata nel 1857 è diventata una leggendaria icona di stile, tanto da ispirare l'omonimo film del 1870 con Alain Delon e Jean-Paul Belmondo. 


Di Achille Perego  | Su PRINT 68 

L'artefice dell'ultimo restyling grafico del brand Borsalino si chiama Paolo Prossen. Classe 1965, percorsi di studi atipici per un creativo (il commercio estero), Paolo Prossen ha cominciato la sua carriera nel mondo della grafica e del design nel 1988 a Milano dove ancora oggi conduce, non più con l'amico e socio, l'australiano David Mack — grande esperto di visual mer-chandising con il quale comunque continua la collaborazione — l'omonimo studio [www.paoloprossen.com].

Sarebbe riduttivo però confinare quasi trent'anni di lavoro di Prossen nel solo progetto Borsalino. Perché dopo gli inizi ruggenti dell'attività in particolare nel settore della finanza — accompagnando sotto il profilo del brand l'ingresso in Italia di grandi banche olandesi come la Ing, quella del Conto Arancio, e Abn Amro — la sua creatività è stata messa al servizio, dalla grafica al packaging, di marchi come Amaretto di Saronno, Lindt, Alfa Romeo, Bmw, Schiapparelli, Disney Channel. E nel settore della moda e del lusso, quello che ama di più insieme con la finanza, con lavori tra l'altro per la Rinascente, Coin, Diesel, Wrangler, Swaroski, Prada, Antonino Valenti (abbigliamento) e Bettanin&Venturi (calzature).

Come è nata la collaborazione con Borsalino?
È iniziato tutto nel novembre 2013 quando Borsalino ha indetto una gara di idee per realizzare alcuni inviti. Ho presentato le mie proposte e allo stesso tempo ho pensato di aggiungere un progetto di rinnovo del marchio che a mio parere andava adattato. Quella gara alla fine non l'ho vinta, ma mesi dopo sono stato chiamato per qualcosa di decisamente più importante.

Che cosa?
Il compito di curare la revisione del marchio per tutti i mezzi: carta, tessuti e schermi digitali. E non ho fatto altro che “ripulirlo” tecnicamente consultando 150 anni di archivi per ridargli nuova vita partendo dal capitello, sotto la scritta Borsalino, con l'anno di fondazione dell'azienda, il 1857.

Si è occupato anche del packaging?
Ho proposto una nuova cappelliera rotonda a forma di cono adatta ad essere piegata e occupare meno spazio nei negozi di cappelli, che di solito sono piccoli e con un ridotto magazzino. L'azienda però decise di puntare su una cappelliera quadrata, ideata internamente, molto bella e realizzata con quattro materiali diversi: due tipi di cartoncino, il tessuto di rivestimento, i metalli degli occhielli e il cordone per le asole.

La cappelliera conica è rimasta come una sua creazione?
Certo. Io ho una grande passione per le cappelliere. Un oggetto del desiderio che contiene un altro oggetto del desiderio ma che può vivere di vita propria come un contenitore di lusso e avere un posto nell'arredamento più distintivo e personalizzato di quanto possa essere il classico mobile di Ikea, di cui tutti abbiamo almeno un esemplare in casa. Il mio bisnonno, comandante della marina ungherese, fu capitano dello yacht di Francesco Giuseppe e di Sissi. E tutta la toilette della principessa, persino la tinozza per il viso, era contenuta e trasportata in cappelliere.

Restando nel packaging di lusso e nei ‘contenitori di oggetti del desiderio’ qual è la creatura a cui è più affezionato?
Non è sempre facile scegliere ma potrei citare la confezione realizzata per Antonino Valenti. Antonino è uno stilista che capisce le donne e le veste esaltandone le forme. Le sue creazioni hanno nel filato a telaio il comune denominatore. Ed è da questa radice che ho disegnato il marchio. Nella moda il packaging è quasi sempre il cartellino pendente e, nel caso ci fossero punti vendita, una shopping bag. Valenti ha contatti con la clientela diretta solo per progetti personalizzati e in quei casi, di comune accordo, abbiamo voluto riproporre una confezione da abito lungo di grosse dimensioni (60x36x11 centimetri) come usavano un tempo le maison.

Quali sono le caratteristiche di questa confezione?
Consiste in due scatole rivestite. Quella esterna in Fedrigoni Freelife Vellum naturale mentre quella interna in Sirius Extra Black, sempre di Fedrigoni. Materiali opachi sui quali risaltano le due punzonature lucide. Sul coperchio è riportato il marchio in nero e il logotipo sulla fenditura laterale in bianco.

A chi ha affidato la realizzazione di questo packaging?
Lo scatolificio La Cupoletta di Corridonia, vicino a Macerata con il quale collaboro su progetti speciali. Come quello della scatola da cerino per le calzature, da oltre mille euro, di Bettanin&Venturi. La soluzione a scatola da cerino è la migliore per l'armadio di un uomo che non ama le scarpiere, come me. La scatola è costruita e rivestita sempre con carte Fedrigoni Saville Row antracite e aubergine con una grafica serigrafata in bianco.

Queste “scatole” rispondono alla sua immagine del packaging di lusso?
Il packaging di lusso deve essere, per definizione, irreperibile e personalizzato. Irreperibile perché se ce l'hanno 100mila persone non è più un oggetto luxury ma da retail, da grande distribuzione. Se voglio una giacca di lusso esigo che sia costruita su di me e che nessun altro la indossi. Lo stesso vale per l'imballaggio. Che è l'elemento in grado di dare al contenuto sia il concetto dell'irreperibilità sia quello della personalizzazione. Per questo non credo nel packaging che si ricicla ma in quello che vive di vita propria. Io conservo le scatole create per Antonino Valenti e le utilizzo per contenere pennelli e acquarelli, depliant, oggetti della casa.

Il contenitore, nel lusso, vale in qualche modo quindi come il contenuto?
Possiedo ancora una vecchia Rolleiflex, la prima macchina fotografica reflex messa sul mercato. Ma nel contempo ho conservato anche la confezione: la scatola originale realizzata con una carta leggermente avorio con disegni dorati. Se dovessi rivenderla, consegnarla con la confezione originale, libretti d'istruzione compresi, aumenterebbe il suo valore. E lo stesso, per esempio, per le scatole splendide che contengono gli orologi Hermés e sono realizzate con cinque, sei materiali diversi, dai velluti ai floccati ai metalli.

Quanto i materiali danno il senso del lusso?
Ovviamente la plastica non è quasi mai un sinonimo di lusso. Io adoro molto carte e cartoncini. Soprattutto quelle che hanno una sensazione tattile piacevole. E la carta è perfetta anche per le shopping bag, più ancora dei tessuti, penso al cotone, che mi danno sempre un po' la sensazione dello straccio. Shopping bag, come quelle che contengono una borsa griffata, che possono a loro volta fare da borsa in momenti in cui non conviene usare la borsa di Gucci o di Prada, per esempio per portare gli abiti sporchi in tintoria. Ma sempre distinguendosi. Non è un caso che ci siano persone che ormai fanno collezione di shop-ping bag delle griffe.

A quali progetti adesso sta lavorando, sempre nell'ambito del lusso?
Due in particolare e in entrambi i casi si tratta di creare l'immagine coordinata di un brand, perché ormai le griffe chiedono un servizio completo che va dall'ideazione del marchio al packaging. Il primo progetto, che prenderà corpo a settembre, riguarda un'azienda della cosmetica di lusso per la quale ho ideato anche flaconi e vasetti per contenere profumi e creme. E ho trovato un'azienda italiana che mi sta supportando per realizzare questi contenitori in Italia, quando di solito sono in gran parte prodotti in Cina. I creativi francesi della cosmesi di lusso comprano le materie prime italiane, ci sarà un perché! La mia idea originale era quella di usare come materiale l'urea, un materiale bianco opalino che sembra plastico ma rientra a pieno titolo del concetto di luxury. Purtroppo non è rici-clabile e quindi si è optato per il vetro satinato.

E l'altro progetto?
Accessori di lusso per Fido e per il suo padrone. Un concept e un progetto completo di branding che sto lanciando sul sito itologie.com e che prevede, dalle sketchbook con le copertine di pelle serigrafate alle greeting card stampate da un artigiano fiorentino, dalle tovagliette americane usa e getta a borsoni, collari, guinzagli in pelli pregiate e persino le sneaker da passeggio con il cane. Quindi un packaging di lusso confezionato a mano con tanto di nota di ringraziamento per gli acquisti, sempre scritta a mano e firmata. Perché, come dicevo, lusso vuol dire irreperibilità e personalizzazione.


01/05/2017


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