Interviste

Il futuro scritto sul packaging

Una conversazione con Nicola Guelfo, head of Industrial Design di Italdesign, ci permette di esplorare lo stato dell’arte e le prospettive future del packaging. Offrendoci la visione di chi conosce gli aspetti tecnici del disegno industriale, sa accogliere le innovazioni e le sa integrare nella dimensione estetica e sensoriale. Da un lato identità e spirito del brand, dall’altro il messaggio proprio di ogni prodotto. Un circuito in cui il packaging è decisivo co-autore degli esiti comunicativi e di relazione con i destinatari.

Di Marilde Motta | Su PRINT 81

Il packaging veicola sia il mondo del brand sia la promessa funzionale del prodotto. Lasciare prevalere l’uno o l’altro, oppure cercare un punto di equilibrio?
Il mondo del packaging si è evoluto e continua a farlo in tutti i settori. Come Italdesign li abbiamo affrontati tutti, dal food al premium al tech. Nella progettazione di una confezione intervengono molti fattori con molte variabili: la brand image aziendale, la funzionalità, la promessa di qualità, la qualità percepita, il costo e, sempre più frequentemente, la sostenibilità.
Da un punto di vista estetico il packaging ha la missione di comunicare il valore del prodotto così come l’immagine aziendale, di conseguenza è fondamentale capire innanzitutto il prodotto, il suo posizionamento e la storia dell’azienda. In questo senso il mondo della cosmetica è un riferimento: la confezione di un profumo o di una crema ha il compito di raccontare una storia, un sogno che deve riflettere i valori di un prodotto che di per sé è ‘fisicamente’ identico ad altri.
Nel mondo tech la ‘solita’ Apple ha fatto da apripista nel capire che anche un cavo di alimentazione deve essere confezionato come parte di un sistema di valore. Assistiamo oggi al proliferare di video social che raccontano l’unboxing di prodotti di varia natura ottenendo migliaia di visualizzazioni, a testimonianza dell’interesse che il packaging suscita. Il contenuto funzionale è comunque un elemento spesso inalienabile dell’involucro, e non solo per aziende come Tetrapak che ne hanno fatto la loro bandiera di unicità e tecnologia, ma anche per aziende che vogliono comunicare la loro attenzione alle esigenze di una clientela sempre più sofisticata e attenta all’ambiente. Questa esigenza va soddisfatta attraverso la scelta di materiali, ma anche con soluzioni grafiche che siano in linea con la crescente voglia di rispetto dell’ambiente.

Informazione e divertimento. Con l’intermediazione dello smartphone è possibile accedere a consigli, giochi, condivisioni online semplicemente inquadrando l’etichetta. Su questa strada cosa ci possiamo ulteriormente aspettare?
Chiaramente l’interattività di sistemi come realtà virtuale, realtà aumentata, IOT, AI e connettività globale offerta dagli smartphone di ultima generazione, combinata all’utilizzo dell’imminente 5G, apre scenari imprevedibili anche nel mondo del packaging. Non solo con l’implementazione di contenuti, ricette e consigli, o tutorial sull’utilizzo dei prodotti tramite QR code e codici a barre, ma in un prossimo futuro questi sistemi saranno in grado di gestire, anche tramite chip, per esempio la pianificazione della spesa e la sua ottimizzazione in un supermercato, così come l’organizzazione del frigorifero, o saranno in grado di rispondere a questioni tecniche relative ai dispositivi elettronici che contengono.
L’esperienza sensoriale è un valore assoluto e coinvolgente anche per il packaging. Come stimolare i cinque sensi sia per rafforzare l’identità di brand sia per rinserrare il legame emozionale fra marca e cliente?
Da alcuni anni assistiamo a un’azione di ‘evangelizzazione’ da parte delle aziende nei confronti della propria clientela. I prodotti nel food, ma soprattutto nel tech, si stanno omologando ed emerge sempre più forte la necessità di raccontare, e a volte creare, una storia che affascini e conquisti ‘discepoli’ del brand. Questo compito è affidato alle agenzie pubblicitarie e di marketing, ma un ruolo rilevante lo riveste indubbiamente il packaging. Sempre più aziende ci chiedono un’attenzione particolare ai materiali, alla loro combinazione, alla loro lavorazione e al loro riutilizzo. Si assiste a un ritorno a materiali semplici come la carta, il legno, il metallo, ma nobilitati e riattualizzati da trattamenti innovativi che ne esaltino l’esperienza sensoriale durante il primo contatto visivo e tattile con l’immagine e la storia del prodotto ancor prima di arrivare al prodotto stesso. La plastica stessa, in tutte le sue migliaia di varianti, si reinventa come materiale bio e sostenibile. La promessa è la garanzia di un valore. Il ‘discepolo’ si affeziona e si lega a ciò che un brand rappresenta attraverso le proprie scelte di marketing, pubblicità e packaging e ne fa il proprio stile di vita quasi al di là del prodotto stesso. L’atto di acquisto di quel contenitore, di quel materiale, di quella grafica diventano parte dell’affermazione della propria personalità.


Il Made in Italy, nel settore food and beverage, esprime molte eccellenze che vanno tutelate, oltre che fatte conoscere. In che modo il packaging può diventare strumento di anticontraffazione e di promozione?
La scelta di materiali e tecnologie innovative da parte di brand storici e dell’eccellenza italiana nello sviluppo del packaging dei propri prodotti diventerà sempre più un imperativo. Il blister, il sottovuoto, il barattolino, il tubetto pur nella loro efficienza diventeranno sinonimo di scarsa qualità, scarsa attenzione al prodotto e di un approccio seriale, industriale e anonimo all’alimentare. Il valore aggiunto dei prodotti di alta qualità non può non passare attraverso l’attenzione a come questi vengono conservati e proposti a un pubblico sempre più esigente. La forma con cui si propone l’eccellenza italiana è l’eccellenza italiana stessa.
Osserviamo una realtà come Eataly e come abbia fatto scuola nel food: il suo modo di reinventare il supermercato elevandolo a spazio di condivisione, ristorazione e selezione dell’eccellenza ha contagiato l’intero mercato della distribuzione costringendo marchi storici e multinazionali come Coop, Auchan, Esselunga a elevare notevolmente il livello dell’offerta. Il supermercato diventa esperienza e packaging di un nuovo modo di intendere il prodotto alimentare, un luogo/rito per testimoniare il proprio status anche attraverso il cibo e la sua selezione/consumo.

L’e-commerce di beni di lusso ha soppiantato solo la funzione di transazione commerciale che avviene nel negozio fisico, ma non ha ancora sostituito la dimensione relazionale. Il packaging per questo segmento che contributi potrà dare in futuro?
Premessa l’insostituibilità dell’esperienza relazionale e umana del negozio fisico nella sua totalità, soprattutto per i beni di lusso, anche qui, al di là dell’attenzione a materiali, funzionalità e ricercatezza, il packaging potrà assolvere un ruolo di mediatore tra il brand e la propria clientela di alto livello. La tecnologia e l’innovazione potrebbero in futuro offrire la possibilità di ricreare, almeno in parte, quell’attenzione al cliente che la boutique riserva. Attraverso packaging personalizzati con materiale di informazione dedicato e personalizzato dove, per esempio, tramite un QR code si possa accedere a contenuti multimediali che si rivolgono in maniera esclusiva all’acquirente, o a una linea di contatto dedicata per ogni tipo di esigenza, richiesta o reclamo. Senza voler sforare nel fantascientifico non è da escludere, in un futuro relativamente prossimo, la possibilità di avere packaging che una volta attivati ricreino un’esperienza olografica di un assistente o personal shopper che sappia accompagnarci nella scoperta del prodotto acquistato. Il futuro va scritto ogni giorno, anche su una confezione.



Nicola Guelfo
Head of Industrial Design di Italdesign

Studi in business administration e in lingue estere, la sua carriera in Giugiaro Design inizia nel 1984, nell’era pre-digital quando i disegni erano realizzati con tecniche manuali che richiedevano altissima abilità e vero senso artistico. La sua attività si sviluppa negli anni toccando incarichi di crescente responsabilità. Dal 2000 è a capo dell’Industrial Design di Italdesign, dove guida e coordina le ricerche sui concetti di design e la loro trasformazione in progetti concreti, di effettivo valore per chi ne dovrà beneficiare.


Italdesign
Se Giorgetto Giugiaro, che ha fondato l’azienda nel 1968, è stato il designer delle auto, quelle che hanno messo un ‘punto e a capo’ nella storia dell’automotive, Italdesign ha esplorato, sviluppato e portato a realizzazione progetti in campi diversificati. Oggi l’azienda, con numerose sedi nel mondo, opera nel product design, nel graphic and communications, nel corporate identity, nel food, nel packaging e in settori d’avanguardia come aeronautics e trasporti intesi nell’accezione più ampia.

 


29/05/2020


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