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Il diavolo veste in tuta

La crescita dello sportswear rappresenta un’opportunità per gli stampatori che operano nella stampa specialistica e nel grande formato. Il digitale, infatti, è l’unica tecnologia in grado di garantire versatilità, estrema personalizzazione e possibilità di produrre in quantitativi ridotti con tessuti tecnici e dalle alte prestazioni.

Di Caterina Pucci | Su PRINTlovers 99

C’è stato un tempo, seppur lontano, in cui l’abbigliamento sportivo non esisteva. Giocare a tennis o andare a cavallo erano attività che si svolgevano sì in abiti casual, ma niente di più lontano dai tessuti traspiranti, magliette senza cuciture e scarpe tecniche a cui siamo abituati. Un primo, embrionale, concetto di “sportswear” comincia a farsi strada tra gli anni Venti e Trenta: Jean René Lacoste lancia le prime polo contrassegnate dall’icona coccodrillo, Elsa Schiaparelli presenta la sua prima collezione Pour le Sport. Ma è a partire dagli anni Settanta e Ottanta che l’abbigliamento sportivo ottiene la sua consacrazione, grazie agli indimenticabili workout di Jane Fonda e alla diffusione di tessuti tecnici come lycra e spandex, progettati per assecondare i movimenti del corpo. Gli anni Novanta vedono l’affermarsi dell’athleisure, la tendenza a indossare capi originariamente pensati per attività sportive anche in contesti glamour o formali, e della sneakers culture, cioè il collezionismo di calzature sportive. A partire da Calvin Klein e Tommy Hilfiger, si assiste a una progressiva contaminazione tra moda e sport, due universi tradizionalmente distanti, culminata all’inizio del Duemila con l’avvento dello streetwear. Sono gli anni di consacrazione di Virgil Abloh, fondatore del brand Off-White e direttore creativo di Louis Vuitton fino alla prematura scomparsa avvenuta nel 2021, da qualcuno soprannominato “re Mida dello streetwear” proprio per la sua inimitabile capacità di elevare capi casual a oggetti di culto, esclusivamente in edizione limitata, spesso esauriti nel giro di qualche ora dal lancio.
Oggi i confini tra moda e sport sono talmente sfumati da renderli totalmente sovrapponibili, Lo racconta bene un libro uscito qualche mese fa “The New Luxury: Defining the Aspirational in the Age of Hype”, secondo cui oggi il lusso non si basa più su un’idea di ostentazione della ricchezza, ma su un codice stilistico condiviso, una questione di appartenenza in cui anche l’uniforme di una squadra può diventare iconica.
Un fenomeno accelerato dalla pandemia che, forse a causa dei lunghi periodi trascorsi al chiuso, ha indirizzato le preferenze d’acquisto verso capi d’abbigliamento comodi e sportivi, di pari passo con il desiderio di condurre uno stile di vita più sano e attivo. Secondo la società di consulenza McKinsey & Company, nel 2021 il mercato globale dell’abbigliamento sportivo ha raggiunto un valore di 295 miliardi di dollari e le previsioni dicono che arriverà a 394 miliardi entro il 2025, con un tasso di crescita su base annuale dell’8-10%. I brand si sono rapidamente adattati a questa nuova domanda, sfornando sempre nuove capsule collection come quelle di Supreme per Louis Vuitton, Air Jordan per Dior, Prada per Adidas, o ancora la collaborazione tra Gucci e Major League Baseball negli Stati Uniti. Questa ibridazione ha fatto sì che le caratteristiche un tempo specifiche dello sportswear (praticità, durata, resistenza all’abrasione o all’usura) diventassero uno standard condiviso anche dal mondo del lusso, che crea le proprie collezioni cercando di mantenere un equilibrio tra eleganza e comodità.
Tutte queste trasformazioni rappresentano una grande opportunità per gli stampatori tessili, in particolar modo quelli che operano nella stampa di grande formato. Il digitale, infatti, è l’unica tecnologia in grado di assolvere le nuove esigenze del mercato, che richiede qualità, versatilità, estrema personalizzazione e possibilità di stampare in quantitativi ridotti.
In queste pagine vedremo come alcuni professionisti del settore affrontano le sfide imposte da questo cambio di paradigma.

La  personalizzazione estrema e il successo del made to order
Uno degli obiettivi dichiarati dal sopracitato Abloh è sempre stato quello di “nobilitare l’anonimo”, rendendo unici oggetti quotidiani che spesso passano inosservati. Non stupisce dunque che, a poche ore di distanza dalla sua morte, i collezionisti abbiano cominciato a farsi la guerra per aggiudicarsi almeno una delle iconiche sneakers che lo stilista ha realizzato nel corso della sua carriera, rendendo alcuni modelli di Off-White, Nike e Louis Vuitton veri e propri oggetti di culto. Come quelle realizzate nel 2018, su richiesta di Anne Wintour, per la squadra di calcio parigina Melting Passes, composta da migranti senza documenti. In quell’occasione, Abloh disegnò un kit con il quale gli atleti potessero scendere in campo sentendosi una vera squadra. Ogni maglietta si distingueva dall’altra per la presenza di dettagli unici, riflettendo la necessità di customizzazione e di contravvenire al senso stesso dell’uniforme, esaltando le specificità di ciascuno.
La possibilità di personalizzare a piacimento capi e accessori è diventato il vero valore aggiunto che li distingue dalla proposta fast fashion. Non soltanto per i big del lusso, ma anche per i brand sportivi come Nike, Adidas, Supreme, che già da anni hanno sposato la logica del “made to order”, dando ai clienti la possibilità di scegliere modello, colore, tomaia, stampa per il tallone e per la soletta interna. Il tutto a prezzi competitivi e in maniera semplice e intuitiva, seguendo online le istruzioni per configurare il modello dei propri sogni passo dopo passo.

A ciascuno la sua tecnologia
Negli ultimi decenni, le tecnologie di stampa su tessuto si sono evolute rapidamente e le alternative alla tradizionale serigrafia sono diventate sempre più performanti. La tecnologia di stampa a sublimazione è diventata una delle più popolari nell’ambito della stampa di abbigliamento sportivo per la sua capacità di garantire una resa cromatica elevata, a costi contenuti. La stampa direct-to-garment o DTG sposa perfettamente le esigenze delle nuove generazioni di online printers, perché permette di realizzare piccole tirature con un elevato grado di personalizzazione. In tempi molto recenti, ha preso piede la tecnica del direct-to-film o DTF, che risulta particolarmente indicata per la stampa di abbigliamento sportivo e da lavoro. Quest’ultima infatti non richiede pretrattamenti e risulta quindi più versatile ed economica di altri processi di decorazione con film standard o flockfoil, anche perché molti stampatori con un’attività preesistente nell’ambito dello sportswear sono già in possesso di una pressa termica e/o un forno di polimerizzazione. Un altro vantaggio è dato dal fatto che molte tecnologie di stampa transfer o diretta su tessuto possono essere facilmente trasformate in stampanti DTF, semplicemente cambiando il set di inchiostri.
Per questo tipo di stampa occorre infatti utilizzare inchiostri dedicati che vengono applicati su un film con uno spessore di circa 0,75 mm. Il bianco è necessario come base per garantire che i colori risaltino anche su tessuti scuri. Una volta stampati, i film vengono ricoperti con una polvere adesiva a caldo mentre l’inchiostro è ancora bagnato. Questa operazione viene eseguita manualmente nel caso di piccole tirature, mentre nelle produzioni su scala industriale vengono preferite soluzioni automatizzate. Successivamente, la pellicola viene sottoposta ad asciugatura in un forno a polimerizzazione o tramite una pressa termica. La pellicola con il motivo decorativo preincollato viene quindi trasferita sul tessuto prestampato. Questo processo viene chiamato curing e richiede circa 20 secondi. Quando il tessuto raggiunge la temperatura ambiente, la pellicola applicata a freddo viene rimossa; le pellicole applicate a caldo possono essere rimosse immediatamente dopo l’apertura della pressa termica.

Il successo della stampa dtf
Realisaprint.it è una tipografia online creata nel 2019 da Remy Barelli e Rafael Mari, che si rivolge esclusivamente a una clientela di rivenditori composta da professionisti delle arti grafiche e del settore della comunicazione (agenzie pubblicitarie, grafici e designer freelance). In termini percentuali, il segmento dell’abbigliamento sportivo personalizzato rappresenta attualmente il 14% delle vendite complessive. Proprio perché non lavora direttamente con il cliente finale, Realisaprint.it ha l’esigenza di mantenere i prezzi competitivi, pur garantendo alte prestazioni da un punto di vista sia tecnico che creativo. «Gli abiti sportivi richiedono l’utilizzo di materie prime di qualità, in grado di assicurare alte prestazioni, comfort, transpirabilità e soprattutto resistenza all’usura» spiega Elisa Impellizzeri, Responsabile Comunicazione e Marketing di Realisaprint.it. «Occorre prestare attenzione a ogni singolo dettaglio, incluse le cerniere o le chiusure a strappo. Dal punto di vista creativo, si richiedono stampe dai colori vivaci, design accattivanti e moderni e personalizzazioni che rispecchino l’individualità degli atleti e, in generale, dei consumatori interessati allo sportswear. Per questo motivo cerchiamo di garantire sul nostro sito la massima libertà di customizzazione, in modo che ogni cliente possa adattare i capi alle proprie esigenze».
L’azienda mette a disposizione diverse tecniche di stampa (stampa sublimatica, direct-to-film, direct-to-garment) proprio perché la capacità di adattarsi velocemente alle richieste del mercato è cruciale per restare competitivi. Negli ultimi anni si è assistito a una crescita esponenziale della tecnica DTF, che consiste nello stampare un’immagine su un film adesivo e successivamente trasferirla su un tessuto grazie all’uso di una pressa a caldo. «La stampa digitale offre enormi possibilità creative ai rivenditori, garantendo una perfetta riproduzione grafica delle immagini su qualsiasi tipologia di supporto, economicità della stampa anche su quantitativi ridotti e, in generale, un risparmio sia in termini di costi complessivi della stampa che di risorse energetiche» prosegue Impellizzeri. Ciascuna tecnica presenta vantaggi e svantaggi e il team si adopera per aiutare i clienti a scegliere quella più indicata alle loro esigenze. Nello specifico, il DTF permette di stampare in quadricromia elementi molto sottili (fino a 1 mm), anche con inchiostro bianco, riducendo le sporgenze sui bordi delle immagini stampate, ed eliminando la fase di fustellatura, tipica della stampa floccata. Si adatta inoltre a diverse tipologie di tessuto: cotone, poliestere, viscosa, garantendo resistenza ai lavaggi e all’usura, caratteristiche essenziali nel settore athleisure. La DTG è indicata per la stampa su tessuti chiari, composti almeno al 70% di cotone, ma come contro richiede un pretrattamento dei supporti di stampa.

Meglio se on demand
Anche per GedShop, azienda specializzata nella stampa di abbigliamento e accessori personalizzati, l’indotto proveniente dal segmento dell’abbigliamento sportivo si aggira oggi intorno al 10% del totale. Con l’avvento di nuovi materiali tecnici e innovative tecniche di decorazione su tessuto, sempre più associazioni sportive ma anche privati si stanno orientando verso la personalizzazione. «Se un tempo le tecniche di stampa su tessuto erano la serigrafia e il ricamo, oggi l’elevata richiesta di customizzazione ha incoraggiato un cambiamento anche dal punto di vista tecnologico» spiega Alessandro Condello, co-founder di Gedshop. «Tra le tecniche più richieste c’è applicazione di strass, ma anche l’uso di colori fluo, glitter e stampa digitale sia diretta che DTF. La serigrafia resta ancora oggi la scelta privilegiata quando si tratta di stampare grandi quantitativi. Per quanto esistano dei concreti tentativi di automatizzare il processo di stampa serigrafico, si tratta pur sempre di una tecnica artigianale, che non può garantire la riduzione dei margini di errore del processo digitale. Per alcune tipologie di cliente, perciò, il digitale resta sempre la scelta prediletta anche a fronte dei costi maggiorati, dovuto anche alla necessità di pretrattamento che alcune tipologie di tessuto richiedono. Resta comunque la tecnica che più di tutte garantisce un processo di stampa veloce e competitivo anche su tirature basse, con un tempo di impostazione delle macchine pressoché nullo».

Il futuro: effetti speciali e sostenibilità dei processi
L’industria tessile costituisce oggi il campo d’applicazione principale del poliestere, una fibra sintetica particolarmente apprezzata per la sua capacità di garantire comfort, durevolezza e resistenza all’abrasione. Queste caratteristiche lo rendono indicato alla realizzazione di abbigliamento, in particolare nell’ambito sportivo. Una delle principali sfide che si impongono agli stampatori è quella di riuscire a garantire le stesse caratteristiche estetiche (sia in termini di qualità della stampa che di “mano”, cioè morbidezza del capo) di fibre naturali più tradizionali come il cotone.
Durante la Kornit Fashion Week Tel Aviv 2022, Omer Kulka, Chief Marketing Manager di Kornit Digital, in occasione del lancio della tecnologia Atlas MAX POLY ha sottolineato come grazie alla fusione tra moda e abbigliamento sportivo si stiano aprendo nuove opportunità per la stampa su poliestere, che attualmente costituisce un segmento in rapidissima ascesa. Oltre a incorporare la collaudata tecnologia MAX di Kornit per la decorazione su tessuto, la macchina punta ad automatizzare il processo, oltre che a rendere possibili combinazioni pressoché infinite di effetti speciali, come il ricamo senza fili e la stampa tridimensionale, prima impensabili da ottenere con un processo di stampa digitale. La richiesta di pratiche di produzione più eque e sostenibili ha raggiunto un livello altissimo, anche grazie alle sempre più stringenti normative in materia, e i fornitori come Kornit Digital stanno indirizzando la propria strategia verso una produzione localizzata e a ridotto impatto ambientale. Un processo che passa anche da un’intensa attività di ricerca e sviluppo volta a mettere appunto chimiche sempre più eco-compatibili e tessuti innovativi, che migliorino il comfort e le prestazioni, ma siano sostenibili.


 


10/11/2023


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