How it's made

Anticontraffazione: come proteggere i brand dai falsi d'autore

Grazie a un’attenta progettazione, è possibile prevedere elementi di barriera su packaging e stampati, capaci di impedire la diffusione di prodotti contraffatti. La sfida è trovare il giusto compromesso tra soluzioni hardware (come etichette o RFID), software (accessi a banche date certificate, blockchain, crittografia) e produttive (stampa e inchiostri). Ma non basta: bisogna conoscere le soluzioni disponibili e le modalità applicative.

Di Lorenzo Capitani | Su PRINT 78

Il commercio dei falsi non conosce crisi e, anzi, continua a fiorire. Come sottolinea uno studio OCSE la Cina è il primo produttore di merci contraffatte e l’Italia è il terzo paese più colpito dai falsi, che provocano la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e un mancato gettito fiscale per svariati miliardi. Secondo il rapporto, nel 2016 il commercio mondiale di prodotti contraffatti e piratati aveva raggiunto un valore di 509 miliardi di dollari, senza contare le merci falsificate e piratate prodotte e consumate all’interno dei singoli paesi e quelle distribuite via Internet. A causa della contraffazione l’Italia ha perso almeno 88mila posti di lavoro, pari al 2,1% degli occupati. Nel solo: nel 2016 il mancato gettito fiscale dal settore retail e all’ingrosso è costato 4,3 miliardi di euro. Di conseguenza, l’intensità della contraffazione e della pirateria rappresenta sempre più un rischio per la proprietà intellettuale in un’economia globalizzata.
Ma cosa si falsifica? Di tutto: dai prodotti di lusso a quelli di largo consumo. I sequestri riguardano principalmente il settore delle calzature (quasi il 25% del totale), seguito dall’abbigliamento (15%), dalla pelletteria e dalle apparecchiature elettroniche. Tra i prodotti di lusso i falsi più frequenti riguardano gli orologi, i profumi, la pelletteria di alta gamma e gli occhiali firmati. In buona parte, quindi, settori in cui il Made in Italy ha posizioni di leadership. Il 55% delle merci contraffatte o piratate sequestrate nel biennio 2014/16 era di provenienza cinese. Anche altre economie asiatiche come l’India, la Malesia, il Pakistan, la Tailandia, la Turchia e il Vietnam sono importanti produttori di merce falsa. Molti paesi medio-orientali poi, come l’Arabia Saudita e lo Yemen, sono hub di smistamento verso l’Africa, mentre Albania, Egitto, Marocco e Ucraina sono importanti centri di redistribuzione dei falsi verso l’UE. Tra i fattori che facilitano la produzione di merci contraffatte vi sono una scarsa governance dovuta al fatto che spesso è proprio chi produce che non si difende. Anche se con il tempo le cose stanno cambiando e la prevenzione della contraffazione sta diventando a sua volta un business in costante crescita. E non potrebbe essere diversamente visto che secondo la Ricerca PM-MI “Brand Protection and Product Traceability”, si prevede che la contraffazione aumenti del 3% all’anno.

Anticontraffazione: una necessità sempre più sentita
All’interno di questo quadro desolante, stampa e packaging possono svolgere un ruolo fondamentale, diventando elemento di barriera per la diffusione di prodotti contraffatti in tutti i mercati: dal lusso al farmaceutico, dai giocattoli all’alimentare, al beverage. E lo sviluppo di nuove tecnologie costituisce una delle direzioni verso la quale molti produttori e molti integratori di tecnologia stanno lavorando attivamente. I modi per combattere la contraffazione ci sono, sono molti e in continua evoluzione, soprattutto in funzione dei cambiamenti del consumatore e della sua consapevolezza rispetto alla filiera del falso. Una cosa è certa: devono essere chiari, economici, evidenti e alla portata di tutti. Oltre che sicuri, ovviamente. In quest’ottica ologrammi e RFID sono le tecnologie oggi in più rapida ascesa, con quest’ultimo che cresce quasi del 21% annuo. Lo smartphone sarà lo strumento con il quale controllare l’autenticità e quindi difendersi grazie a QR code o Ghost Code che si affiancheranno all’uso di inchiostri speciali capaci di nascondersi all’occhio umano e comparire solo sotto specifiche sollecitazioni. Come si vede si tratta di trovare il giusto compromesso tra soluzioni hardware (come etichette o RFID), software (accessi a banche date certificate, blockchain, crittografia) e produttive, come stampa e inchiostri, per cercare di essere sempre un passo avanti nell’eterna rincorsa tra guardie e ladri. Ma ricordiamoci sempre che la protezione migliore è anche quella di noi consumatori che spesso possiamo tenerci al riparo dal falso, vigilando e non alimentandolo con i nostri acquisti. Perché il mare è fatto di gocce ed è… profondo.

La stampa, prima tecnologia anticontraffazione
La forma più semplice di protezione è la stampa, diretta o su etichette. Semplice non vuol dire facile. Ci vuole competenza tecnica, ma anche progettuale. Banalmente bisogna considerare il tipo di utilizzo che verrà fatto dell’etichetta o del packaging, delle modalità distributive della merce, delle destinazioni d’uso, del packaging primario e secondario, dei supporti e, di conseguenza, dei materiali e delle modalità applicative. Ologrammi, codici mono e bi-dimensionali sono ormai molto diffusi anche in versioni più evolute che cambiano colore in base alla temperatura o alle fonti di luce cui sono sottoposti: è il caso di watermark digitali, inchiostri che diventano fluorescenti se esposti a fonti UV o marker microscopici contenuti in inchiostri tradizionali o nei toner della stampa digitale. Fanno parte di questa famiglia anche gli inchiostri cangianti in base all’angolo di osservazione non solo per applicazioni offset, ma anche flexo, serigrafia o stampa digitale, gli inchiostri metacromatici serigrafici che cambiano colore a seconda della luce e i termocromatici che cambiano invece in base alla temperatura.

Tecnologie ‘invisibili’, dai plug-in agli inchiostri alle texture
Altri approcci prevedono che l’elemento di sicurezza sia invisibile, o nascosto, e rilevabile solo per mezzo di un detector, ad esempio il nostro smarthphone, in grado di captare RFID o reagire a tecnologie NFC (Near Field Communications). Parliamo di sistemi di codifica che superano il concetto del codice a barre per entrare nella logica delle soluzioni watermark. Si tratta di introdurre grafismi inseriti nella grafica che la rendono difficilmente o addirittura impossibile da riprodurre: è la scelta ad esempio di Agfa con la sua soluzione chiamata Arziro. Il trucco sta nel poter realizzare tutto questo in modo semplice, facile da fare ma difficile da riprodurre, e di conseguenza anche facile da riprogettare per poterlo cambiare frequentemente estinguendo qualsiasi proposito d’imitazione. Arziro altro non è che una ‘semplice’ suite di plug-in di Adobe Illustrator cui si interfaccia uno strumento di autentica e uno di ottimizzazione dei workflow di produzione per la stampa in alta risoluzione. Ma si può andare oltre come ha fatto SunChemical che ha realizzato una gamma di inchiostri speciali che si basano sull’occultamente strategico dei marker di autenticità. Negli inchiostri SunGuard l’elemento di sicurezza è nascosto e rilevabile solo per mezzo di un detector dedicato: si tratta di inchiostri a fluorescenza UV che contengono pigmenti speciali sensibili ai raggi infrarossi. O ancora i Valimark, utilizzabili con tutte le tecniche di stampa, che contengono microsfere colorate visibili con una semplice lente. Infine, c’è il nero Reveal, un inchiostro invisibile IR che può essere stampato su un qualsiasi supporto e appare nero alla luce visibile, ma scompare se osservato con una videocamera a infrarossi.
Esistono anche sistemi anticontraffazione basati sulla elaborazione dei file grafici. Tra le soluzioni esistenti molto interessante è Secure Print Technology dell’americana DSS specializzata in tecniche anticontraffazione, che prevede la creazione di piccole alterazioni nella retinatura di stampa invisibili se non ingranditi e non riproducibili con copie o scansioni che farebbero perdere la loro esatta forma originale. Una tecnologia simile è Barcode Barricade che sfrutta il barcode tradizionale che viene reso non copiabile perché la duplicazione produce un codice distorto, mentre la lettura del codice originale è garantita pienamente. O ancora immagini e illustrazioni a variabili stampati casualmente sulla confezione che formano una texture che può essere riconosciuta e autenticata solo utilizzando uno scanner digitale e un software specifico.

L’importanza del workflow produttivo
L’aggiunta di soluzioni anticontraffazione richiede una catena produttiva consapevole e ben progettata. Oltre a creare gli elementi di sicurezza in uno stampato sarà necessario anche rendere non solo possibile, ma anche facile, la decodifica di tali elementi nel resto della catena produttiva, fino al consumatore. In quest’ottica lavorano tecniche come Phantom in cui le immagini utilizzate per la protezione del brand sono visibili a occhio nudo solo inclinando lo stampato. Scanner e fotocopiatrici non sono in grado di ottenere questo risultato. Sul fronte della stampa digitale, ad esempio, HP propone elementi di sicurezza anticontraffazione, generati da una serie di algoritmi attraverso un software dedicato (HP Smart Stream Designer) e stampati con l’ElectroInk su tutte le macchine da stampa digitale HP Indigo. Tali elementi includono microtesti 8, micro codici a barre 2D, guilloche o microtrame 9 e font di sicurezza speciali. Questi grafismi, stampati su etichette e packaging, sono difficili da riprodurre e si vedono a occhio nudo, ma chi guarda non attribuisce loro una funzione anticontraffazione, bensì decorativa, mentre lo scopo è proprio la protezione. Derivando l’esperienza dalla stampa di biglietti per lotterie, gratta e vinci, stampa di assegni, certificati, licenze, ticket, voucher, passaporti, Xeikon ha messo a punto un toner proprietario che unito a soluzioni grafiche ‘furbe’ rende i livelli di sicurezza unici ed estremamente difficili e costosi da contraffare. È il caso di microtesti con corpo fino a 1 punto che è molto difficile copiare, duplicare o riprodurre, o disegni a tratteggio molto speciali, altamente irregolari e complessi stampati come quinto colore che una stampante tradizionale può solo simulare. Esiste anche un altro toner estremamente sicuro e trasparente visibile solo sotto luce UV o luce nera con lunghezza d’onda di 350-385 nm. Molto promettente è anche la soluzione Stealth Code, distribuita in Italia da BeeGraphic e adottata ad esempio da Pusterla 1880. Si tratta di una tecnologia basata di una codifica realmente invisibile. È una soluzione brevettata che consiste nell’inserimento del dato univoco all’interno di un’immagine. È impercettibile all’occhio e può essere distribuito su tutta la superficie. Il codice viene inserito tramite una tecnologia inclusiva che non può essere replicata o duplicata. Basta leggere lo stampato con uno smartphone o un tablet utilizzando l’applicazione gratuita di Stealth Code che è personalizzabile a richiesta. Stealth Code permette una comunicazione interattiva con il consumatore, tracciabilità e modifica in tempo reale. L’unico limite è la stampa sui fondi neri sui quali diventa visibile, mentre è fattibile senza problemi su quadricromie e tinte Pantone e non richiede processi di stampa particolari o inchiostri speciali e non impatta nella veste grafica.

Oltre la stampa: cliché microincisi e foil speciali
Aggiungere un elemento di sicurezza a un imballaggio rappresenta solo una piccola parte del programma di anticontraffazione. Come la mettiamo se la grafica e l’aspetto dell’imballaggio hanno un ruolo determinate come accade per i brand del lusso? Se lo stampato è molto prezioso o solo non ha stampa, ma solo nobilitazioni, come la stampa a caldo, vengono in soccorso soluzioni come cliché microincisi ideali per usa vari come etichette autoadesive per vini e superalcolici o packaging di alta gamma. La caratteristica del cliché microinciso è la sua superficie che, invece di essere liscia, presenta una texture fittissima per trasferire i dettagli grafici sul film e, quindi, sul supporto di stampa desiderato. I motivi di microincisione presentano trame e grafismi casuali e possono, inoltre, essere personalizzati con loghi, scritte o disegni con effetti di rifrazione ottica unici, che cambiano a seconda dell’angolo di osservazione. Fondamentali la realizzazione del cliché, ma anche il nastro usato. A tal proposito Kurz ha in catalogo prodotti nati proprio per l’anticontraffazione che vanno oltre il nastro olografico e arrivano fino soluzioni interattive per identificare e tracciare i prodotti, oltre che per verificarne in maniera univoca autenticità e originalità. La soluzione integrata si chiama Trustconcept® e si compone della parte grafica da riprodurre su foil, chiamata Trustseal®, che consente di ottenere effetti unici, difficilmente riproducibili con le comuni tecnologie olografiche presenti sul mercato, e la parte più specificatamente software, detta Trustcode®, che si basa sulla scansione attraverso una app personalizzata di un codice univoco, o elementi alternativi quali loghi e ologramma, e sulla sua verifica nel database di Kurz con successiva decodifica delle informazioni ad esso associate. Un interessante side effect di questa tecnologia è che, mentre si controlla, si possono anche innescare interessanti interazioni attivando esperienze di realtà aumentata per interagire con i prodotti stessi al fine di reperire informazioni, chiedere servizi, attivare promozioni, autenticare il prodotto, entrare in programmi di fidelizzazione, contattare l’azienda e molto altro.

Le nuove frontiere: l’internet of things
E qui si entra nel futuro dell’anticontraffazione. In realtà, la soluzione potrebbe essere già qui anche se sembra direttamente uscita da Minority Report in cui Spielberg immagina un mondo di ologrammi nel quale ogni superficie magicamente si trasforma in uno schermo interattivo con cui è possibile dialogare a distanza con semplici gesti della mano. Ed è l’IoT, o Internet of Things, in cui si affaccia un ecosistema di packaging connessi. Oggi ci sono già contenitori capaci di sviluppare calore al momento del consumo, etichette che reagiscono agli sbalzi di temperatura cambiando colore o che si attivano solo sfiorandole con un dito. O ancora confezioni per farmaci stampate con inchiostri termocromatici, in grado di comunicare direttamente al paziente se il contenuto è stato riposto in modo corretto dopo l’utilizzo. Fattore trainante sono le tecnologie di stampa, soprattutto l’inkjet, che offre soluzioni sempre più sofisticate per la personalizzazione così come i software per la serializzazione di sensori intelligenti, i nuovi sistemi di marcatura e codifica della raccolta dati, i sistemi per la tracciabilità e l’ispezione visiva, gli inchiostri termocromatici, i servizi in cloud, ovvero le piattaforme che con pochi click connettono il packaging al web: tutto sembra orientato a rivoluzionare l’esperienza del cliente. Sono tante, e tutte in continua e costante evoluzione, tecnologie e software che consentono il dialogo e lo scambio tra il consumatore e la marca, lo smartphone e i prodotti.

Una riluttanza da superare
Alcuni osservatori ritengono che sia proprio l’infinito assortimento di opzioni, dispositivi e soluzioni ad agire da fattore frenante degli investimenti da parte dei brand del lusso. Il rischio più alto è l’obsolescenza tecnologica che spaventa chi è chiamato a investire. Spesso l’imballaggio connesso è visto con diffidenza perché viene vissuto come soluzione indispensabile a contrastare i mali della contraffazione. Non si è ancora rovesciato del tutto il paradigma che vede la tecnologia come fonte di inclusività. È una visione un po’ miope: si pensi che il QR code ancor oggi sconta il “peccato” di non essere conforme alle esigenze estetiche del lusso perché “brutto, ingombrante, non occultabile”. Basta usare altri metodi, come visto sopra: i codici a barre invisibili e integrati nel logo sono già realtà. Lo sanno bene Ferrero e Unilever che li hanno già adottati. In questo scenario i brand del lusso sono un po’ riluttanti a spingersi verso queste tecnologie, anche se sono i primi a essere colpiti dal problema. Il motivo è intuibile: il luxury packaging fonda la sua ragione d’essere non tanto sui contenuti tecnologici quanto sui materiali speciali, il design e l’artigianalità e la tecnologia spesso non tiene conto del “bello”. Anche se qualche pioniere non manca soprattutto nell’ambito degli spirit e degli champagne, segmenti che registrano alti tassi di esportazione nei mercati asiatici dove il problema della contraffazione è enorme e la consapevolezza del prodotto molto bassa. E così il tema dell’anticontraffazione si fonda con l’esigenza di spingersi oltre con il packaging: bello, funzionale, protettivo, d’impatto e up-to- date. Questo l’imballaggio del futuro, meglio se all’intelligenza finalizzata alla comunicazione, alla profilazione, al keep in touch con il consumatore, si veicola e si garantisce anche l’autenticità del prodotto. Si tratta solo di usare la fantasia e sfruttare la tecnologia.

 


27/09/2019


How it's made